Aires de Libertad

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      Mensaje por Maria Lua 31.12.23 8:39


      LA DIVINA COMMEDIA


      di Dante Alighieri


      PARADISO


      CANTO I


      [Comincia la terza cantica de la Commedia di Dante Alaghiere di
      Fiorenza, ne la quale si tratta de' beati e de la celestiale gloria e
      de' meriti e premi de' santi, e dividesi in nove parti. Canto primo,
      nel cui principio l'auttore proemizza a la seguente cantica; e sono
      ne lo elemento del fuoco e Beatrice solve a l'auttore una
      questione; nel quale canto l'auttore promette di trattare de le cose
      divine invocando la scienza poetica, cioè Appollo chiamato il deo
      de la Sapienza.]


      La gloria di colui che tutto move
      per l'universo penetra, e risplende
      in una parte più e meno altrove.
      Nel ciel che più de la sua luce prende
      fu' io, e vidi cose che ridire
      né sa né può chi di là sù discende;
      perché appressando sé al suo disire,
      nostro intelletto si profonda tanto,
      che dietro la memoria non può ire.
      Veramente quant' io del regno santo
      ne la mia mente potei far tesoro,
      sarà ora materia del mio canto.
      O buono Appollo, a l'ultimo lavoro
      fammi del tuo valor sì fatto vaso,
      come dimandi a dar l'amato alloro.
      Infino a qui l'un giogo di Parnaso
      assai mi fu; ma or con amendue
      m'è uopo intrar ne l'aringo rimaso.
      Entra nel petto mio, e spira tue
      sì come quando Marsïa traesti
      de la vagina de le membra sue.
      O divina virtù, se mi ti presti
      tanto che l'ombra del beato regno
      segnata nel mio capo io manifesti,
      vedra'mi al piè del tuo diletto legno
      venire, e coronarmi de le foglie
      che la materia e tu mi farai degno.
      Sì rade volte, padre, se ne coglie
      per trïunfare o cesare o poeta,
      colpa e vergogna de l'umane voglie,
      che parturir letizia in su la lieta
      delfica deïtà dovria la fronda
      peneia, quando alcun di sé asseta.
      Poca favilla gran fiamma seconda:
      forse di retro a me con miglior voci
      si pregherà perché Cirra risponda.
      Surge ai mortali per diverse foci
      la lucerna del mondo; ma da quella
      che quattro cerchi giugne con tre croci,
      con miglior corso e con migliore stella
      esce congiunta, e la mondana cera
      più a suo modo tempera e suggella.
      Fatto avea di là mane e di qua sera
      tal foce, e quasi tutto era là bianco
      quello emisperio, e l'altra parte nera,
      quando Beatrice in sul sinistro fianco
      vidi rivolta e riguardar nel sole:
      aguglia sì non li s'affisse unquanco.
      E sì come secondo raggio suole
      uscir del primo e risalire in suso,
      pur come pelegrin che tornar vuole,
      così de l'atto suo, per li occhi infuso
      ne l'imagine mia, il mio si fece,
      e fissi li occhi al sole oltre nostr' uso.
      Molto è licito là, che qui non lece
      a le nostre virtù, mercé del loco
      fatto per proprio de l'umana spece.
      Io nol soffersi molto, né sì poco,
      ch'io nol vedessi sfavillar dintorno,
      com' ferro che bogliente esce del foco;
      e di sùbito parve giorno a giorno
      essere aggiunto, come quei che puote
      avesse il ciel d'un altro sole addorno.
      Beatrice tutta ne l'etterne rote
      fissa con li occhi stava; e io in lei
      le luci fissi, di là sù rimote.
      Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
      qual si fé Glauco nel gustar de l'erba
      che 'l fé consorto in mar de li altri dèi.
      Trasumanar significar per verba
      non si poria; però l'essemplo basti
      a cui esperïenza grazia serba.
      S'i' era sol di me quel che creasti
      novellamente, amor che 'l ciel governi,
      tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti.
      Quando la rota che tu sempiterni
      desiderato, a sé mi fece atteso
      con l'armonia che temperi e discerni,
      parvemi tanto allor del cielo acceso
      de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
      lago non fece alcun tanto disteso.
      La novità del suono e 'l grande lume
      di lor cagion m'accesero un disio
      mai non sentito di cotanto acume.
      Ond' ella, che vedea me sì com' io,
      a quïetarmi l'animo commosso,
      pria ch'io a dimandar, la bocca aprio
      e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso
      col falso imaginar, sì che non vedi
      ciò che vedresti se l'avessi scosso.
      Tu non se' in terra, sì come tu credi;
      ma folgore, fuggendo il proprio sito,
      non corse come tu ch'ad esso riedi».
      S'io fui del primo dubbio disvestito
      per le sorrise parolette brevi,
      dentro ad un nuovo più fu' inretito
      e dissi: «Già contento requïevi
      di grande ammirazion; ma ora ammiro
      com' io trascenda questi corpi levi».
      Ond' ella, appresso d'un pïo sospiro,
      li occhi drizzò ver' me con quel sembiante
      che madre fa sovra figlio deliro,
      e cominciò: «Le cose tutte quante
      hanno ordine tra loro, e questo è forma
      che l'universo a Dio fa simigliante.
      Qui veggion l'alte creature l'orma
      de l'etterno valore, il qual è fine
      al quale è fatta la toccata norma.
      Ne l'ordine ch'io dico sono accline
      tutte nature, per diverse sorti,
      più al principio loro e men vicine;
      onde si muovono a diversi porti
      per lo gran mar de l'essere, e ciascuna
      con istinto a lei dato che la porti.
      Questi ne porta il foco inver' la luna;
      questi ne' cor mortali è permotore;
      questi la terra in sé stringe e aduna;
      né pur le creature che son fore
      d'intelligenza quest' arco saetta,
      ma quelle c'hanno intelletto e amore.
      La provedenza, che cotanto assetta,
      del suo lume fa 'l ciel sempre quïeto
      nel qual si volge quel c'ha maggior fretta;
      e ora lì, come a sito decreto,
      cen porta la virtù di quella corda
      che ciò che scocca drizza in segno lieto.
      Vero è che, come forma non s'accorda
      molte fïate a l'intenzion de l'arte,
      perch' a risponder la materia è sorda,
      così da questo corso si diparte
      talor la creatura, c'ha podere
      di piegar, così pinta, in altra parte;
      e sì come veder si può cadere
      foco di nube, sì l'impeto primo
      l'atterra torto da falso piacere.
      Non dei più ammirar, se bene stimo,
      lo tuo salir, se non come d'un rivo
      se d'alto monte scende giuso ad imo.
      Maraviglia sarebbe in te se, privo
      d'impedimento, giù ti fossi assiso,
      com' a terra quïete in foco vivo».
      Quinci rivolse inver' lo cielo il viso.







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      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
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      Dante Alighieri (1265-1321) - Página 6 Empty Re: Dante Alighieri (1265-1321)

      Mensaje por Maria Lua 02.01.24 9:11

      EL PARAÍSO

      TERCERA PARTE

      CANTO PRIMERO

      PROEMIO DEL PARAÍSO

      PROPOSICIÓN E INVOCACIÓN; ASCENCIÓN A LA ESFERA
      DEL FUEGO ; EL MODO DE SUBIR; ORDEN DEL UNIVERSO
      Invocación a Apolo. El poeta describe cómo se levantó desde el paraíso
      terrenal hasta el primer cielo, con los ojos fijos en su bienamada Beatriz , Ei Dante y Beatriz se elevan hasta el cielo de fuego. El
      Poeta, no comprende como le es dado volar tan alto entre cuerpos
      'eves a pesar de las lejes de la gravedad; Beaitriz se lo explica
      con maternal ternura, haciéndole saber que le presta sus alas.
      En orden de las cosas morales y naturales.


      De la gloria de Aquél que todo mueve
      llno está el universo, donde esplende
      en una parte más, y en otras leve.
      En el cielo, en que más su luz enciende,
      estuve, y cosas vi que relatarse,
      no sabe o puede quien de allá desciende;
      porque nuestro intelecto, al acercarse
      a sus deseos, profundiza tanto,
      que la memoria atrás no puede alzarse.
      Pero, en verdad, cuanto del reino santo
      he guardado en mi mente eual tesoro,
      ora será materia de mi canto. u
      ¡ Oh Apolo! en mi postrer labor te imploro;
      que tu alta inspiración colme mi vaso,
      y acuérdame el laurel que mas valoro. l6
      Me ha bastado una cima del Parnaso
      hasta el presente, y ahora dos pido,
      par a la just a que me queda al paso.
      ¡Penétreme el espíritu atrevido,
      con que a Marsyas, el cuerpo ensangrentado
      sacaste, de su vaina desprendido! »
      ¡ Oh, divina virtud! por ti ayudado,
      la sombra de aquel reino bendecido,
      diré, cómo en mi mente se ha estampado.
      Caiga ¡ oh Padre! de tu árbol tan querido,
      sobre mi frente una hoja soberana,
      que haya por ti mi canto merecido. 21
      Tan rara vez con ella se engalana
      el César o el poeta triunfalmente,
      (¡culpa y baldón de voluntad humana!) »
      que debiera gozarse alegremente
      la deifica deidad, cuando la rama
      de Penea, despierta sed ardiente. "
      Leve chispa produce grande llama:
      tal vez en pos de mí, mejores luces
      alumbrarán en Cirra nueva fama. "
      ¡ Oh, luminar del mundo! ¡ tú conduces
      al mortal por mil sendas; mas aquella
      que junta cuatro cercos en tres cruces, *
      con mejor curso, y con mejor estrella,
      de ti conjunta, nuestra cera humana,
      según sus leyes, atempera y sella!
      Era de noche acá, y allí mañana:
      el hemisferio aquel estaba blanco,
      y el otro, negro por la sombra vana;
      cuando a Beatriz, hacia el siniestro flanco
      vi que miraba al sol, más fijamente
      que un águila imperial, con ojo franco.
      Como un segundo rayo torna ardiente,
      del reflector que al paso se le opuso,
      o el peregrino hacia el hogar ausente,
      así del ojo de Beatriz, infuso
      el acto repetir surgió en mi mente,
      y al sol miré con terrenal desuso.
      Mucho es lícito allá nativamente,
      que no en la tierra; pues por gracia creado
      fué sitio propio de la humana gente.
      Mal resistí su círculo inflamado,
      pero pude mirar su luz chispeante
      como hierro por fuegos abrasado.
      Y súbito pensé tener delante,
      día con día, cual si Dios hubiera
      ornado de otro sol, cielo radiante.
      Beatriz miraba hacia la eterna esfera,
      con ojo fijo, y yo la contemplaba,
      mi ojo apartando de remota hoguera.
      Y mi interior su aspecto trasformaba,
      como Glauco, al gustar marina hierba,
      consorte de los dioses se tornaba.
      Trashumanar, significar per verba,
      es imposible; que el ejemplo baste
      al que tal experiencia Dios reserva.
      Si era sólo de mí lo que tú creaste,
      tú lo sabes, ¡ oh amor! que eres gobierno
      cuando en tu luz al cielo me elevaste.
      En la esfera en que gira sempiterno
      el deseo hacia tí, que en armonía
      dirige moderando el juicio eterno,
      me pareció que el cielo se encendía
      con la llama del sol: gran lago extenso,
      cual lluvia y ríos nunca formaría.
      La novedad del son y el brillo intenso,
      de conocer su causa en mí encendiera
      deseo no sentido y más inmenso.
      Y ella, que cual yo mismo mi alma viera,
      por aquietar el ánimo alterado,
      antes de preguntar, su boca abriera,
      y comenzó: «Tú mismo te has turbado
      con tu falso pensar, y así no atinas
      a ver, porque tu error no has desechado.
      «En la tierra no estás, cual te imaginas:
      un rayo de los cielos disparado,
      corre menos que tú, que allá caminas.»
      De mi primera duda desnudado
      por su dulce sonrisa y breve acento,
      en nueva duda me sentí enredado,
      y la dije: «Se aquieta en el contento
      mi grande admiración; pero me admira
      cómo, leve, traspaso este elemento.»
      Ella, después que- con piedad suspira,
      vuelve hacia mí los ojos, con semblante
      de madre, para el hijo que delira.
      Y así empezó: «El crclen es constante
      de las cosas en sí; y por tal forma
      el universo a Dios es semejante.
      «Aquí, los nobles seres ven la norma
      de lo eterno que todo determina,
      según ley a que todo se conforma.
      «Toda natura, al orden tal se inclina
      de varias suertes, y según concierto
      que al principio del alma se avecina;
      «y así navegan a diverso puerto
      por el gran mar del ser, y cada una
      con el instinto que le da el acierto.
      «Este, lleva los fuegos a la luna,
      éste, mueve en su pecho a los mortales,
      éste, la tierra en sí cierra y aduna.
      «Y a más de los que son irracionales,
      de su arco la saeta se endereza
      a los que aman y entienden racionales.
      «La Providencia, centro de grandeza,
      da sus luces al cielo siempre quieto,
      cabe al que gira con mayor presteza.
      «Y allá, como lo manda alto decreto,
      nos lleva la impulsión de aquella cuerda,
      como flecha que apunta al bien dilecto.
      «Es verdad, que la forma no "concuerda
      alguna vez con la intención del arte,
      Pues la sola materia se hace lerda;
      «Y así, de aquel camino se departe
      la criatura, que aun siendo eompelida,
      puede inclinarse libre hacia otra parte;
      «(como se ve de nube suspendida
      fuego caer), si en su ímpetu primero
      por falso halago a tierra es atraída.
      «No te debe admirar, si bien infiero,
      el que subas así, cual corre un rivo
      que de alto monte al valle cae ligero.
      «Maravilla sería, si cautivo,
      sin reatos, quedases en el suelo,
      como quieto en la tierra el fuego vivo.»
      Dijo, elevando su semblante al cielo.



      464


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      Mensaje por Maria Lua 04.01.24 8:17

      ***

      CANTO II


      [Canto secondo, ove tratta come Beatrice e l'auttore pervegnono
      al cielo de la Luna, aprendo la veritade de l'ombra ch'appare in
      essa; e qui comincia questa terza parte de la Commedia quanto al
      proprio dire.]


      O voi che siete in piccioletta barca,
      desiderosi d'ascoltar, seguiti
      dietro al mio legno che cantando varca,
      tornate a riveder li vostri liti:
      non vi mettete in pelago, ché forse,
      perdendo me, rimarreste smarriti.
      L'acqua ch'io prendo già mai non si corse;
      Minerva spira, e conducemi Appollo,
      e nove Muse mi dimostran l'Orse.
      Voialtri pochi che drizzaste il collo
      per tempo al pan de li angeli, del quale
      vivesi qui ma non sen vien satollo,
      metter potete ben per l'alto sale
      vostro navigio, servando mio solco
      dinanzi a l'acqua che ritorna equale.
      Que' glorïosi che passaro al Colco
      non s'ammiraron come voi farete,
      quando Iasón vider fatto bifolco.
      La concreata e perpetüa sete
      del deïforme regno cen portava
      veloci quasi come 'l ciel vedete.
      Beatrice in suso, e io in lei guardava;
      e forse in tanto in quanto un quadrel posa
      e vola e da la noce si dischiava,
      giunto mi vidi ove mirabil cosa
      mi torse il viso a sé; e però quella
      cui non potea mia cura essere ascosa,
      volta ver' me, sì lieta come bella,
      «Drizza la mente in Dio grata», mi disse,
      «che n'ha congiunti con la prima stella».
      Parev' a me che nube ne coprisse
      lucida, spessa, solida e pulita,
      quasi adamante che lo sol ferisse.
      Per entro sé l'etterna margarita
      ne ricevette, com' acqua recepe
      raggio di luce permanendo unita.
      S'io era corpo, e qui non si concepe
      com' una dimensione altra patio,
      ch'esser convien se corpo in corpo repe,
      accender ne dovria più il disio
      di veder quella essenza in che si vede
      come nostra natura e Dio s'unio.
      Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
      non dimostrato, ma fia per sé noto
      a guisa del ver primo che l'uom crede.
      Io rispuosi: «Madonna, sì devoto
      com' esser posso più, ringrazio lui
      lo qual dal mortal mondo m'ha remoto.
      Ma ditemi: che son li segni bui
      di questo corpo, che là giuso in terra
      fan di Cain favoleggiare altrui?».
      Ella sorrise alquanto, e poi «S'elli erra
      l'oppinïon», mi disse, «d'i mortali
      dove chiave di senso non diserra,
      certo non ti dovrien punger li strali
      d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi
      vedi che la ragione ha corte l'ali.
      Ma dimmi quel che tu da te ne pensi».
      E io: «Ciò che n'appar qua sù diverso
      credo che fanno i corpi rari e densi».
      Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso
      nel falso il creder tuo, se bene ascolti
      l'argomentar ch'io li farò avverso.
      La spera ottava vi dimostra molti
      lumi, li quali e nel quale e nel quanto
      notar si posson di diversi volti.
      Se raro e denso ciò facesser tanto,
      una sola virtù sarebbe in tutti,
      più e men distributa e altrettanto.
      Virtù diverse esser convegnon frutti
      di princìpi formali, e quei, for ch'uno,
      seguiterieno a tua ragion distrutti.
      Ancor, se raro fosse di quel bruno
      cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte
      fora di sua materia sì digiuno
      esto pianeto, o, sì come comparte
      lo grasso e 'l magro un corpo, così questo
      nel suo volume cangerebbe carte.
      Se 'l primo fosse, fora manifesto
      ne l'eclissi del sol, per trasparere
      lo lume come in altro raro ingesto.
      Questo non è: però è da vedere
      de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi,
      falsificato fia lo tuo parere.
      S'elli è che questo raro non trapassi,
      esser conviene un termine da onde
      lo suo contrario più passar non lassi;
      e indi l'altrui raggio si rifonde
      così come color torna per vetro
      lo qual di retro a sé piombo nasconde.
      Or dirai tu ch'el si dimostra tetro
      ivi lo raggio più che in altre parti,
      per esser lì refratto più a retro.
      Da questa instanza può deliberarti
      esperïenza, se già mai la provi,
      ch'esser suol fonte ai rivi di vostr' arti.
      Tre specchi prenderai; e i due rimovi
      da te d'un modo, e l'altro, più rimosso,
      tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.
      Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso
      ti stea un lume che i tre specchi accenda
      e torni a te da tutti ripercosso.
      Ben che nel quanto tanto non si stenda
      la vista più lontana, lì vedrai
      come convien ch'igualmente risplenda.
      Or, come ai colpi de li caldi rai
      de la neve riman nudo il suggetto
      e dal colore e dal freddo primai,
      così rimaso te ne l'intelletto
      voglio informar di luce sì vivace,
      che ti tremolerà nel suo aspetto.
      Dentro dal ciel de la divina pace
      si gira un corpo ne la cui virtute
      l'esser di tutto suo contento giace.
      Lo ciel seguente, c'ha tante vedute,
      quell' esser parte per diverse essenze,
      da lui distratte e da lui contenute.
      Li altri giron per varie differenze
      le distinzion che dentro da sé hanno
      dispongono a lor fini e lor semenze.
      Questi organi del mondo così vanno,
      come tu vedi omai, di grado in grado,
      che di sù prendono e di sotto fanno.
      Riguarda bene omai sì com' io vado
      per questo loco al vero che disiri,
      sì che poi sappi sol tener lo guado.
      Lo moto e la virtù d'i santi giri,
      come dal fabbro l'arte del martello,
      da' beati motor convien che spiri;
      e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello,
      de la mente profonda che lui volve
      prende l'image e fassene suggello.
      E come l'alma dentro a vostra polve
      per differenti membra e conformate
      a diverse potenze si risolve,
      così l'intelligenza sua bontate
      multiplicata per le stelle spiega,
      girando sé sovra sua unitate.
      Virtù diversa fa diversa lega
      col prezïoso corpo ch'ella avviva,
      nel qual, sì come vita in voi, si lega.
      Per la natura lieta onde deriva,
      la virtù mista per lo corpo luce
      come letizia per pupilla viva.
      Da essa vien ciò che da luce a luce
      par differente, non da denso e raro;
      essa è formal principio che produce,
      conforme a sua bontà, lo turbo e 'l chiaro».


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      326


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Mensaje por Maria Lua 05.01.24 8:00

      CANTO SEGUNDO


      PRIMER CIELO O DE LA LUNA


      LOS QUE QUEBRANTARON EL VOTO DE CASTIDAD
      ADVEKTENCIA A LOS M5CTOKES; ASCENSIÓN AL PRIMER
      CIELO ; LAS MANCHAS
      DE LA LENA; LAS INFLUENCIAS CELESTES


      El poeta exhorta a ¡OÍS que le han seguido en su viaje al través del
      misterioso mar que surca con su barquilla. Promete revelar cosas
      admirables a los electos que se nutren con el pan de los ángeles.
      Después de ascender al primer cielo de la luna, pide la¡ explicación de las manchas que ve en ella. Beatriz le demuestra su
      error y le explica su verdadera causa, según los conocimientos
      astronfimicos de la época del poeta.


      ¡Oh, los que vais en pequeñuela barca,
      que ansiosos de oir el canto habéis seguido
      tras de mi leño que el espacio abarca!
      i Volved la proa hacia el hogar querido!
      ¡No penetréis al piélago agitado,
      que os perderíais, siendo yo perdido!
      En estas aguas nadie ha navegado:
      guía Apolo, Minerva hincha mi vela,
      y las Musas,- las Osas me han mostrado.
      Los que alzáis vuestro cuello, y que desvela
      temprano el pan, angélico alimento
      que aquí, si más se come, más se anhela,
      podéis la vela desplegar al viento,
      en los mares mi surco continuando,
      que en el agua se iguala en el momento.
      Gente gloriosa, a Coicos arribando,
      menos que lo estaréis, quedó admirada
      viendo a Jasón con toros ir arando.
      La sed perpetua con el alma creada
      en el deiforme reino nos movía,
      veloces cual la bóveda estrellada.
      Beatriz miraba en lo alto, y yo la vía;
      y es más tarda la flecha presurosa
      en volar de la nuez, que el arco envía,
      que yo, al mirar otra admirable cosa,
      desviar el rostro, y retornarlo a aquella
      a quien nada se oculta en mi alma ansiosa;
      la que dijo, tan plácida cuan bella:
      «Levanta a Dios tu mente, agradecido,
      pues has llegado a la primera estrella.»
      Estar me pareció todo circuido
      de nube clara, sólida, infinita,
      como diamante por el sol herido.
      Envueltos por la eterna margarita,
      nos recibió, como agua que recibe
      rayo de luz, y el agua no se agita.
      Si en cuerpo estaba allí, no se concibe,
      como una dimensión otra reciba,
      cuando uno y otro cuerpo se percibe;
      y esto, nuestro deseo más aviva
      de penetrar la esencia que trasciende,
      y que une a Dios a la criatura viva.
      Allí se ve lo que por fe se aprende,
      sin otra prueba, por sí mismo noto,
      cual la prima verdad que el hombre entiende.
      Yo respondí: «Madona, tan devoto
      como puedo, regracio al ser potente,
      que me trajo del mundo más remoto.
      «Mas dime, si la sombra es evidente,
      j cuando visto este cuerpo de la tierra
      el cuento de Caín trae a la mente?»
      Sonrióse un poco, y dijo: «Porque yerra
      la opinión y el sentir de los mortales,
      sin poseer la llave que abre y cierra,
      «no debieras de asombro dar señales,
      pues ves que los sentidos en su ascenso
      tienen cortas las alas racionales.
      «Dime si piensas tú como lo pienso.»
      Y yo: «Lo que parece aquí tan vario,
      creo efecto de cuerpo raro y denso.»
      Y de ella a mí: «Tu juicio aun es falsario,
      y lo verás, al escuchar atento
      el argumento que te haré en contrario.
      «La octava esfera muestra en su elemento
      muchos astros, y en él cada lumbrera
      difiere en su grandor y alumbramiento.
      «Si de lo denso o raro esto naciera,
      una sola virtud fuera la esencia,
      que en más o en menos, distribuido fuera.
      «Virtudes varias son la consecuencia
      de principios formales, menos uno,
      y esto destruye tu razón y ciencia.
      «A más, si fuese causa de lo bruno
      lo raro que tú buscas, fuera en parte,
      o bien de su materia propia ayuno,
      «este planeta; o tal cual se comparte
      lo gordo y magro un cuerpo, fuera aquesto
      un volumen que en hojas se reparte.
      «Si lo primero, fuera manifiesto
      en eclipses de sol, pues se vería
      la luz, a cuerpo raro contrapuesto.
      «Gomo esto no es así, la otra teoría
      si llego a refutarla en cuanto expresa,
      mostrará de tu juicio la falsía.
      «Si ese cuerpo, no es vano que atraviesa
      rayo de luz, él tiene un punto, donde
      todo contrario cuerpo en él tropieza
      «por ende, aquí el reflejo corresponde,
      como el color en un cristal bruñido
      cuando detrás de sí su plomo esconde.
      «Tú dirás, que al mostrarse oscurecido
      el rayo aquí, proviene de que en parte
      más hacia adentro su refracto ha sido.
      «A esa instancia, tu puedes contestarte,
      con la experiencia que comprueba todo,
      y es fuente humana de la ciencia y arte.
      «Tres espejos prepara, de tal modo,
      que dos cercanos, lejos el tercero,
      entre los dos promedie tu acomodo.
      «Si a tu espalda se enciende un candelero,
      verás que en todos tres la luz se enciende,
      en tí repercutiendo por entero;
      «y bien que menos grande se trasciende
      en el que está de tí más apartado,
      verás que igual la triple luz esplende.
      «Como al rayo:
      estival acalorado,
      la nieve se desnuda por su efecto,
      del color y del frío de su estado,
      «de tal modo aclarado tu intelecto,
      te mostraré una luz tan peregrina,
      que te liará cintilar su vivo aspecto.
      «Dentro del cielo de la paz divina,
      un cuerpo gira, que en el ser infunde
      cuanta virtud contiene y predomina.
      «En el siguiente cielo se difunde
      el ser en astros de diversa esencia,
      distintas de él, pero que en él refunde.
      «En otros cielos, hay la diferencia,
      que conteniendo en sí germen fecundo,
      a otros fines se adaptan y otra influencia.
      «Como ves, estos órganos del mundo,
      o reciben o dan de grado en grado,
      desde arriba hasta el cielo más profundo.
      «Y considera bien como he encontrado
      el camino que buscas, verdadero,
      de modo de pasar tú solo el vado.
      *^e los astros el santo derrotero,
      se atribuye a beatíficos motores,
      como al martillo la obra del herrero;
      «y el cielo que hermosean resplandores,
      de la profunda mente que lo mueve
      toma imagen que sella con fulgores. 1S,
      «Y como el alma en vuestro polvo leve,
      en diferentes miembros conformada,
      varias potencias por igual promueve, „¡
      «la inteligencia así multiplicada,
      en esos astros su bondad desplega,
      girando en unidad bien ordenada. 1U
      «Cada virtud diversa así se allega
      con el cuerpo precioso, que la aviva,
      y cual la vida en tí, en él se apega. t«
      «De esa alegre natura se deriva
      mixta virtud que en ese cuerpo luce,
      como leticia en la pupila viva. m
      «De aquí proviene que su luz induce
      a ver diverso, no lo denso y raro;
      que es el formal principio el que produce, m
      «conforme a su bondad, lo turbio y claro.»



      470


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      Mensaje por Maria Lua 05.01.24 9:34

      CANTO III



      [Canto terzo, nel quale si tratta di quello medesimo cielo de la
      Luna e di certi spiriti che appariro in esso; e solve qui una
      questione: cioè se li spiriti che sono in cielo di sotto vorrebbero
      esser più sù ch'elli siano.]


      Quel sol che pria d'amor mi scaldò 'l petto,
      di bella verità m'avea scoverto,
      provando e riprovando, il dolce aspetto;
      e io, per confessar corretto e certo
      me stesso, tanto quanto si convenne
      leva' il capo a proferer più erto;
      ma visïone apparve che ritenne
      a sé me tanto stretto, per vedersi,
      che di mia confession non mi sovvenne.
      Quali per vetri trasparenti e tersi,
      o ver per acque nitide e tranquille,
      non sì profonde che i fondi sien persi,
      tornan d'i nostri visi le postille
      debili sì, che perla in bianca fronte
      non vien men forte a le nostre pupille;
      tali vid' io più facce a parlar pronte;
      per ch'io dentro a l'error contrario corsi
      a quel ch'accese amor tra l'omo e 'l fonte.
      Sùbito sì com' io di lor m'accorsi,
      quelle stimando specchiati sembianti,
      per veder di cui fosser, li occhi torsi;
      e nulla vidi, e ritorsili avanti
      dritti nel lume de la dolce guida,
      che, sorridendo, ardea ne li occhi santi.
      «Non ti maravigliar perch' io sorrida»,
      mi disse, «appresso il tuo püeril coto,
      poi sopra 'l vero ancor lo piè non fida,
      ma te rivolve, come suole, a vòto:
      vere sustanze son ciò che tu vedi,
      qui rilegate per manco di voto.
      Però parla con esse e odi e credi;
      ché la verace luce che le appaga
      da sé non lascia lor torcer li piedi».
      E io a l'ombra che parea più vaga
      di ragionar, drizza'mi, e cominciai,
      quasi com' uom cui troppa voglia smaga:
      «O ben creato spirito, che a' rai
      di vita etterna la dolcezza senti
      che, non gustata, non s'intende mai,
      grazïoso mi fia se mi contenti
      del nome tuo e de la vostra sorte».
      Ond' ella, pronta e con occhi ridenti:
      «La nostra carità non serra porte
      a giusta voglia, se non come quella
      che vuol simile a sé tutta sua corte.
      I' fui nel mondo vergine sorella;
      e se la mente tua ben sé riguarda,
      non mi ti celerà l'esser più bella,
      ma riconoscerai ch'i' son Piccarda,
      che, posta qui con questi altri beati,
      beata sono in la spera più tarda.
      Li nostri affetti, che solo infiammati
      son nel piacer de lo Spirito Santo,
      letizian del suo ordine formati.
      E questa sorte che par giù cotanto,
      però n'è data, perché fuor negletti
      li nostri voti, e vòti in alcun canto».
      Ond' io a lei: «Ne' mirabili aspetti
      vostri risplende non so che divino
      che vi trasmuta da' primi concetti:
      però non fui a rimembrar festino;
      ma or m'aiuta ciò che tu mi dici,
      sì che raffigurar m'è più latino.
      Ma dimmi: voi che siete qui felici,
      disiderate voi più alto loco
      per più vedere e per più farvi amici?».
      Con quelle altr' ombre pria sorrise un poco;
      da indi mi rispuose tanto lieta,
      ch'arder parea d'amor nel primo foco:
      «Frate, la nostra volontà quïeta
      virtù di carità, che fa volerne
      sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta.
      Se disïassimo esser più superne,
      foran discordi li nostri disiri
      dal voler di colui che qui ne cerne;
      che vedrai non capere in questi giri,
      s'essere in carità è qui necesse,
      e se la sua natura ben rimiri.
      Anzi è formale ad esto beato esse
      tenersi dentro a la divina voglia,
      per ch'una fansi nostre voglie stesse;
      sì che, come noi sem di soglia in soglia
      per questo regno, a tutto il regno piace
      com' a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia.
      E 'n la sua volontade è nostra pace:
      ell' è quel mare al qual tutto si move
      ciò ch'ella crïa o che natura face».
      Chiaro mi fu allor come ogne dove
      in cielo è paradiso, etsi la grazia
      del sommo ben d'un modo non vi piove.
      Ma sì com' elli avvien, s'un cibo sazia
      e d'un altro rimane ancor la gola,
      che quel si chere e di quel si ringrazia,
      così fec' io con atto e con parola,
      per apprender da lei qual fu la tela
      onde non trasse infino a co la spuola.
      «Perfetta vita e alto merto inciela
      donna più sù», mi disse, «a la cui norma
      nel vostro mondo giù si veste e vela,
      perché fino al morir si vegghi e dorma
      con quello sposo ch'ogne voto accetta
      che caritate a suo piacer conforma.
      Dal mondo, per seguirla, giovinetta
      fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi
      e promisi la via de la sua setta.
      Uomini poi, a mal più ch'a bene usi,
      fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
      Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
      E quest' altro splendor che ti si mostra
      da la mia destra parte e che s'accende
      di tutto il lume de la spera nostra,
      ciò ch'io dico di me, di sé intende;
      sorella fu, e così le fu tolta
      di capo l'ombra de le sacre bende.
      Ma poi che pur al mondo fu rivolta
      contra suo grado e contra buona usanza,
      non fu dal vel del cor già mai disciolta.
      Quest' è la luce de la gran Costanza
      che del secondo vento di Soave
      generò 'l terzo e l'ultima possanza».
      Così parlommi, e poi cominciò 'Ave,
      Maria' cantando, e cantando vanio
      come per acqua cupa cosa grave.
      La vista mia, che tanto lei seguio
      quanto possibil fu, poi che la perse,
      volsesi al segno di maggior disio,
      e a Beatrice tutta si converse;
      ma quella folgorò nel mïo sguardo
      sì che da prima il viso non sofferse;
      e ciò mi fece a dimandar più tardo.





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      Mensaje por Maria Lua 07.01.24 12:18

      CANTO TERCERO


      PRIMEE CIELO O DE LA LUNA

      LOS QUE QUEBRANTARON EL VOTO DE CASTIDAD
      VISION DE ALMAS BEATAS; I'ICCARDA DONATI; GRADOS
      DE BEATITUD; CONSTANZA EMPERATRIZ
      Aspecto ele la luna, morada de los que quebrantaron sus votos religiosos, por lo que gozan de menor luz que los demás espíritus.
      Aparición de Picavrda Donati que disipa algunas dudas del poeta
      respecto de la condición de los bienaventurados. Cuenta Picarda
      como fufi arrebatada de un monasterio y obligada a casarse por
      violencia. Mención de la. emperatriz Constanza, que casada: del
      mismo modo con un hijo del emperador Barbaroja. nonró siempre
      el velo que le fué arrancado.



      El sol, que antes de amor prendió mi pecho,
      de la verdad mostróme la belleza,
      probando y refutando con el hecho.
      * yo, por confesarme con firmeza,
      cuanto es posible, de mi error curado,
      Para hablar levanté más mi cabeza;
      mas por una visión quedé estrechado,
      que mi atención atrajo fijamente,
      Y de mi confesión, quedé olvidado.
      Como en el vidrio terso y transparente,
      o bien en agua nítida y tranquila
      cuyo fondo se vea claramente, y,
      miramos nuestra imagen que vacila,
      tan tenue, como perla en blanca frente,
      y que fija mas pronto la pupila, u
      tal deseosa de hablar miré una gente,
      que en el error opuesto me indujera
      al que encendió el amor entre hombre y fuente. 18
      Y apenas, sorprendido la entreviera,
      que espejados semblantes parecían,
      volví los ojos para ver lo que era: 2i
      nada viendo, volví donde lucían
      los ojos de mi guía, dulcemente,
      que con santos ardores sonreían. 24
      «No te sorprenda verme tan sonriente,»
      ella me dijo, «si pueril te noto:
      aun JIO pisas la huella firmemente, 27
      «y te extravías en camino ignoto.
      Esos que ves. son seres relegados
      en este sitio, por romper su voto: 30
      «Habíales, oye, y cree, son fortunados,
      que verdadera luz que es venturosa,
      sus pies retiene con su luz atados.» 33
      Y yo, a una sombra al parecer deseosa
      de hablar, me dirigí, a la ventura,
      cual hombre a quien el mucho anhelo acosa: 35
      «i Oh, espíritu feliz! que con dulzura
      sientes los rayos de la eterna vida,
      que sólo el que la gusta ama y procura; 33
      «A decirme tu nombre, te convida
      mi voluntad, lo que eres y quien fuiste.»
      Me contestó sonriente y complacida:
      «La nuestra caridad nunca resiste
      a justa voluntad, que es como aquélla
      que en la corte celeste igual existe.
      «En el mundo yo fui sóror doncella,
      y si tu mente mi recuerdo guarda,
      no a tí me ocultaré por ser más bella,
      «pues ya conocerás que soy Picarda,
      que aquí moro con estos bendecidos,
      beata como ellos en la esfera tarda.
      «Nuestros afectos viven encendidos
      del Espíritu santo en goce tanto, .
      en leticia a su arbitrio sometidos.
      «Y esta suerte que abajo fuera encanto,
      dada nos fué por votos claudicantes,
      que descuidamos en la tierra un tanto.
      «Admirando,» la dije, «esos semblantes
      en que se esplende no sé qué divino,
      que trasfigura vuestra forma de antes,
      Por eso en recordar no fui festino;
      Pero ora que me ayuda lo que dices,
      Para refigurarte bien atino;
      *Pero si bien no sois aquí infelices,
      ¿No os impulsa hacia lo alto algún deseo,
      Para ser más arriba más felices?»
      e u a y las otras sonreírse veo,
      respondiendo después, tan dulce y leda,
      c°mo el primer amor en, su alboreo:
      «Hermano, aquí la voluntad aqueda
      virtud de caridad, y a la sed place
      tan sólo lo que el cielo nos conceda, n
      «y que; el deseo nunca se ultrapase,
      porque en discordia, fuera otra ventura
      contraria del querer que todo lo hace: 7S
      «Lucha tal no es posible en esta altura,
      que estar en caridad aquí es preciso,
      de Dios considerando la natura; . 7S
      «que esencia de este ser, cual Dios lo quiso,
      es no apartarse del divino agrado,
      con un solo querer, siempre sumiso; 8 i
      y así, sembrado de uno en oteo grado,
      en este reino, todo nos complace,
      como al rey que lo tiene decretado. si
      «Su voluntad estar en paz nos hace:
      hacia El, como a la mar todo se mueve,
      lo que natura cría, cual le place.» %i
      Claro vi entonces, que allí todo debe
      ser cielo y paraíso, aunque la gracia
      del sumo bien, en vario modo llueve. ¡»
      Mas cual suele ocurrir en boca sacia,
      que ora le harta un manjar y otro le excita,
      que/de éste pide, cuando aquél regracia; »3
      mi acción y mi palabra así se agita,
      para de ella saber, como su tela,
      la lanzadera no dejó finita.
      «Perfecta vida,» dijo, «más enciela
      a una mujer, a cuya regla y norma,
      ' en vuestro mundo vístese y se vela: °'
      «vive y duerme y en muerte se conforma
      con el esposo que su voto acepta,
      con caridad que con su amor se informa. 102
      «En edad juvenil, yo fui su adepta;
      huí del mundo, y en su hábito encerrada,
      juré observar la regla de su secta. 105
      «Pero una gente, al mal, más que al bien dada,
      me arrancó ele mi dulce celda estrecha.
      ¡Dios sabe cuál mi vida fué quebrada! 108
      «Y ese nuevo esplendor, que a mi derecha
      se muestra a tí, y que en la luz se enciende,
      de esta esfera de vivas luces hecha, 1X1
      «lo que digo de mí, de ella se entiende:
      sóror cual yo, le fuera arrebatado
      el velo que la sacra sombra extiende; 114
      «pero devuelta al mundo mal su grado,
      contra las leyes de la buena usanza,
      guardó en su corazón su velo amado. 117
      *La luz es esa de la gran Constanza,
      en que el segundo Suabio engendraría
      de su tercer varón, postrer pujanza.» 120
      Así habló, y cantando: Ave Haría,
      se disipó en su atmósfera cantando,
      cual peso que en el agua descendía. m
      ^a vista mía la siguió mirando
      "asta que su visión hube perdido,
      a mi mayor anhelo retornando, 126
      hacia Beatriz del todo convertido:
      mas fulguró en mis ojos su mirada,
      ven el primer momento, sin sentido 129
      la voz quedó en mi labio retardada.



      476


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      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
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      Mensaje por Maria Lua 08.01.24 18:55

      CANTO IV


      [Canto IV, dove in quello medesimo cielo due veritadi si
      manifestano da Beatrice: l'una è del luogo de' beati, e l'altra si è
      de la voluntate mista e de la obsuluta; e propone terza questione
      del voto e se si puote satisfare al voto rotto e non osservato.]


      Intra due cibi, distanti e moventi
      d'un modo, prima si morria di fame,
      che liber' omo l'un recasse ai denti;
      sì si starebbe un agno intra due brame
      di fieri lupi, igualmente temendo;
      sì si starebbe un cane intra due dame:
      per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,
      da li miei dubbi d'un modo sospinto,
      poi ch'era necessario, né commendo.
      Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto
      m'era nel viso, e 'l dimandar con ello,
      più caldo assai che per parlar distinto.
      Fé sì Beatrice qual fé Danïello,
      Nabuccodonosor levando d'ira,
      che l'avea fatto ingiustamente fello;
      e disse: «Io veggio ben come ti tira
      uno e altro disio, sì che tua cura
      sé stessa lega sì che fuor non spira.
      Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura,
      la vïolenza altrui per qual ragione
      di meritar mi scema la misura?".
      Ancor di dubitar ti dà cagione
      parer tornarsi l'anime a le stelle,
      secondo la sentenza di Platone.
      Queste son le question che nel tuo velle
      pontano igualmente; e però pria
      tratterò quella che più ha di felle.
      D'i Serafin colui che più s'india,
      Moïsè, Samuel, e quel Giovanni
      che prender vuoli, io dico, non Maria,
      non hanno in altro cielo i loro scanni
      che questi spirti che mo t'appariro,
      né hanno a l'esser lor più o meno anni;
      ma tutti fanno bello il primo giro,
      e differentemente han dolce vita
      per sentir più e men l'etterno spiro.
      Qui si mostraro, non perché sortita
      sia questa spera lor, ma per far segno
      de la celestïal c'ha men salita.
      Così parlar conviensi al vostro ingegno,
      però che solo da sensato apprende
      ciò che fa poscia d'intelletto degno.
      Per questo la Scrittura condescende
      a vostra facultate, e piedi e mano
      attribuisce a Dio e altro intende;
      e Santa Chiesa con aspetto umano
      Gabrïel e Michel vi rappresenta,
      e l'altro che Tobia rifece sano.
      Quel che Timeo de l'anime argomenta
      non è simile a ciò che qui si vede,
      però che, come dice, par che senta.
      Dice che l'alma a la sua stella riede,
      credendo quella quindi esser decisa
      quando natura per forma la diede;
      e forse sua sentenza è d'altra guisa
      che la voce non suona, ed esser puote
      con intenzion da non esser derisa.
      S'elli intende tornare a queste ruote
      l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse
      in alcun vero suo arco percuote.
      Questo principio, male inteso, torse
      già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
      Mercurio e Marte a nominar trascorse.
      L'altra dubitazion che ti commove
      ha men velen, però che sua malizia
      non ti poria menar da me altrove.
      Parere ingiusta la nostra giustizia
      ne li occhi d'i mortali, è argomento
      di fede e non d'eretica nequizia.
      Ma perché puote vostro accorgimento
      ben penetrare a questa veritate,
      come disiri, ti farò contento.
      Se vïolenza è quando quel che pate
      nïente conferisce a quel che sforza,
      non fuor quest' alme per essa scusate:
      ché volontà, se non vuol, non s'ammorza,
      ma fa come natura face in foco,
      se mille volte vïolenza il torza.
      Per che, s'ella si piega assai o poco,
      segue la forza; e così queste fero
      possendo rifuggir nel santo loco.
      Se fosse stato lor volere intero,
      come tenne Lorenzo in su la grada,
      e fece Muzio a la sua man severo,
      così l'avria ripinte per la strada
      ond' eran tratte, come fuoro sciolte;
      ma così salda voglia è troppo rada.
      E per queste parole, se ricolte
      l'hai come dei, è l'argomento casso
      che t'avria fatto noia ancor più volte.
      Ma or ti s'attraversa un altro passo
      dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
      non usciresti: pria saresti lasso.
      Io t'ho per certo ne la mente messo
      ch'alma beata non poria mentire,
      però ch'è sempre al primo vero appresso;
      e poi potesti da Piccarda udire
      che l'affezion del vel Costanza tenne;
      sì ch'ella par qui meco contradire.
      Molte fïate già, frate, addivenne
      che, per fuggir periglio, contra grato
      si fé di quel che far non si convenne;
      come Almeone, che, di ciò pregato
      dal padre suo, la propria madre spense,
      per non perder pietà si fé spietato.
      A questo punto voglio che tu pense
      che la forza al voler si mischia, e fanno
      sì che scusar non si posson l'offense.
      Voglia assoluta non consente al danno;
      ma consentevi in tanto in quanto teme,
      se si ritrae, cadere in più affanno.
      Però, quando Piccarda quello spreme,
      de la voglia assoluta intende, e io
      de l'altra; sì che ver diciamo insieme».
      Cotal fu l'ondeggiar del santo rio
      ch'uscì del fonte ond' ogne ver deriva;
      tal puose in pace uno e altro disio.
      «O amanza del primo amante, o diva»,
      diss' io appresso, «il cui parlar m'inonda
      e scalda sì, che più e più m'avviva,
      non è l'affezion mia tanto profonda,
      che basti a render voi grazia per grazia;
      ma quei che vede e puote a ciò risponda.
      Io veggio ben che già mai non si sazia
      nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra
      di fuor dal qual nessun vero si spazia.
      Posasi in esso, come fera in lustra,
      tosto che giunto l'ha; e giugner puollo:
      se non, ciascun disio sarebbe frustra.
      Nasce per quello, a guisa di rampollo,
      a piè del vero il dubbio; ed è natura
      ch'al sommo pinge noi di collo in collo.
      Questo m'invita, questo m'assicura
      con reverenza, donna, a dimandarvi
      d'un'altra verità che m'è oscura.
      Io vo' saper se l'uom può sodisfarvi
      ai voti manchi sì con altri beni,
      ch'a la vostra statera non sien parvi».
      Beatrice mi guardò con li occhi pieni
      di faville d'amor così divini,
      che, vinta, mia virtute diè le reni,
      e quasi mi perdei con li occhi chini.



      335





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      Mensaje por Maria Lua 10.01.24 9:33

      CANTO CUARTO


      PRIMEr CIELO O DE LA LUNA

      LOS QUE QUEBRANTARON EL VOTO DE CASTIDAD
      LA SEDE DE LOS BEATOS;
      RETORNO DE LAS ALMAS A LAS ESTRELLAS; EL LIBRE
      ALBEDUIO; VOTOS BURLADOS Y SD REPARACIÓN
      Dudas del poeta acerca de Picarda y de Constanza que no rompieron
      sus rotos voluntariamente. Beatriz combate la opinión del poeta
      y le manifiesta el error de la doctrina de Platón, según la cual
      las almas volvían a las estrellas de que hablan nacido. El poeta
      convencido y agradecido, pregunta si los votos pueden compensarse
      con otras buenas obras. La mirada de Beatriz se enciende con
      e' íuego del amor divino, y el poeta se siente deslumhrado.

      Como entre dos manjares atrayentes,
      flue equidistan, el hombre, libre, hambriento,
      antes muere que hincar en uno dientes;
      como un cordero queda sin aliento
      entre dos lobos fieros, o confuso
      un can entre dos gamos por evento;
      si así yo me callaba, no me acuso,
      ai elogio, pues de dudas asaltado,
      forzoso era callar, y no lo excuso.
      Callaba, y el deseo bien pintado
      en mi rostro a lo vivo se veía,
      aun más viviente que si fuera hablado. í2
      Hizo Beatriz lo que Daniel un día,
      las iras de Nabuco serenando,
      que tan injusto y tan cruel lo hacía. 15
      «Bien veo,» dijo «te hallas oscilando
      entre un deseo y otro, y su atadura
      quieres romper, tu aliento afuera echando. lg
      «Si la buena intención,—te dices,—dura,
      ¿Por qué, violencia ajena que domina
      del merecer me acorta la mesura? 2t
      «Hacia la duda al parecer te inclina
      pensar que el alma vuelve a las estrellas,
      como Platón enseña en su doctrina. 2t
      «Esas las dudas son con que te estrellas,
      y trataré, probando su falsía,
      de la que mayor hiél detiene de ellas. 2r
      «El serafín que en Dios más se gloría,
      Moisés, Samuel y Juan, el que tú quieras,
      y todos, sin excluir ni aun a María, 30
      «tienen el mismo asiento en las esferas,
      que esas almas que has visto en giro alterno,
      ni serán más o menos duraderas: 33
      «embelleciendo el primer cerco eterno,
      gozan de diferente dulce vida,
      cerca o lejos del soplo sempiterno. 39
      «Al mostrarse en esfera restringida,
      no es que moren acá, sino cual signo
      de la celeste y la inferior subida. sa
      «Y a vuestra mente, así al hablar asigno,
      lo que por sus sentidos solo aprende
      y que de su intelecto es lo condigno.
      «Por eso, la escritura condesciende
      con vuestro entendimiento, y pies y mano
      a Dios le da, aunque otra cosa entiende.
      «La santa Iglesia, con aspecto humano,
      a Miguel y a Gabriel los representa,
      y al otro que a Tobías volvió sano.
      «Lo que Timeo de las almas cuenta,
      con lo que aquí se ve no configura,
      si es que, como lo dice, tal lo sienta.
      «Según dice, retorna el alma pura
      hacia su estrella de donde ha salido
      al darle forma humana la natura.
      «Tal vez en su sentencia, otro sentido
      que no es visible, encierre su dictado,
      que en intención pudiera ser tenido.
      «Si honor o improbación él ha pensado
      atribuir de estos orbes a la influencia,
      su arco, quizá algo cierto haya acertado.
      Tal principio, por mala inteligencia
      hizo nombrar, a casi todo el mundo,
      Jove, Marte y Mercurio en esta esencia.
      «Otra duda te trae cogitabundo:
      tiene menos- veneno, y su malicia
      no podría llevarte a mal profundo.
      «Juzga injusta el mortal nuestra justicia,
      cuando debiera hallar de fe argumento,
      en lugar de una herética nequicia.
      «Pero puede el humano entendimiento
      penetrar la verdad con evidencia,
      y cual deseas quedarás contento. 72
      «Si esas almas pasivas de violencia,
      inertes se entregaron a la fuerza,
      no hay excusa, no habiendo resistencia. 76
      «La voluntad activa es si se esfuerza,
      como la llama viva, que subiendo,
      no hay violencia posible que la tuerza; , 73
      «y aunque poco, su fuerza sometiendo,
      coopera a la violencia, y la consiente,
      al sagrado lugar tornar pudiendo: 8i
      «en posición de su querer consciente,
      como Mucio al tender severa mano,
      o san Lorenzo en la parrilla ardiente, 8i
      «habrían vuelto por camino llano,
      libres, por el sendero antes perdido.
      ¡Pero firme querer, no es siempre humano ! si
      «Con esta distinción si has comprendido
      como lo debes, t u argumento caso,
      que te habría en errores inducido. s»
      «Mas otra dud a se atraviesa al paso,
      que no puedes salvar t ú solamente,
      sin que se agote el pensamiento laso. »J
      «Cual cosa cierta te infundí en la mente ;
      beatitud y mentir a no condice,
      porque suma verda d tiene presente . «<•
      «Esto en parte, Picarda contradice,
      pues Constanza lloró su velo amado,
      y es bueno que tal caso profundice. »s
      «Muchas veces, hermano, de mal grado,
      por huir un peligro, se consiente
      hacer lo que un deber nos ha vedado;
      «como Almeón, al padre fué obediente,
      a su madre matando, sin defensa,
      y que por ser piadoso, fué inclemente.
      «Sobre este punto delicado, piensa
      que si el querer a fuerza da tributo,
      no puede disculparse tal ofensa.
      «No admite mal, querer que es absoluto,
      y si consiente de temores presa,
      al retraerse coge amargo fruto.
      «Luego, cuando Picarda así se expresa,
      entiende en absoluto el albedrío,
      y yo lo otro, y la contienda cesa.»
      Así las ondas de aquel santo río
      que de la fuente de verdad deriva,
      dieron la paz al pensamiento mío.
      «i Oh, del amante primo, amada! ¡ Oh, diva»
      la dije, «cuyo hablar mi ser inunda,
      con un fuego que más y más se aviva!
      «¡No es la afección que siento, tan profunda
      que baste a compensar gracia con gracia:
      mas quien todo lo ve, respuesta infunda!
      «Bien sé que el intelecto no se sacia,
      si la verdad por siempre no lo ilustra,
      y ninguna verdad, fuera se espacia.
      «Posa en ella, cual ñera en su palustra,
      cuando puede alcanzarla, y la retiene,
      sin lo cual, todo anhelo al fin se frustra;
      «de la verdad, la duda al pie se tiene,
      como un retoño; que es de su natura
      llevarnos a la cima que conviene.
      «Y esto me mueve, y esto me asegura,
      a esclarecer con toda reverencia
      otra verdad que me parece escura.
      «¿Puede de buenas obras la excelencia
      compensar algún voto quebrantado,
      inclinando en el cielo a la clemencia?»
      Vi de Beatriz el ojo iluminado
      por tantas chispas del amor divino,
      que volviendo la espalda desmayado,
      cuasi perdido, la cabeza inclino.


      482


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      Dante Alighieri (1265-1321) - Página 6 Empty Re: Dante Alighieri (1265-1321)

      Mensaje por Maria Lua 12.01.24 10:35

      CANTO V


      [Canto V, nel quale solve una questione premessa nel precedente
      canto e ammaestra li cristiani intorno a li voti ch'elli fanno a Dio;
      ed entrasi nel cielo di Mercurio, e qui comincia la seconda parte
      di questa cantica.]


      «S'io ti fiammeggio nel caldo d'amore
      di là dal modo che 'n terra si vede,
      sì che del viso tuo vinco il valore,
      non ti maravigliar, ché ciò procede
      da perfetto veder, che, come apprende,
      così nel bene appreso move il piede.
      Io veggio ben sì come già resplende
      ne l'intelletto tuo l'etterna luce,
      che, vista, sola e sempre amore accende;
      e s'altra cosa vostro amor seduce,
      non è se non di quella alcun vestigio,
      mal conosciuto, che quivi traluce.
      Tu vuo' saper se con altro servigio,
      per manco voto, si può render tanto
      che l'anima sicuri di letigio».
      Sì cominciò Beatrice questo canto;
      e sì com' uom che suo parlar non spezza,
      continüò così 'l processo santo:
      «Lo maggior don che Dio per sua larghezza
      fesse creando, e a la sua bontate
      più conformato, e quel ch'e' più apprezza,
      fu de la volontà la libertate;
      di che le creature intelligenti,
      e tutte e sole, fuoro e son dotate.
      Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
      l'alto valor del voto, s'è sì fatto
      che Dio consenta quando tu consenti;
      ché, nel fermar tra Dio e l'omo il patto,
      vittima fassi di questo tesoro,
      tal quale io dico; e fassi col suo atto.
      Dunque che render puossi per ristoro?
      Se credi bene usar quel c'hai offerto,
      di maltolletto vuo' far buon lavoro.
      Tu se' omai del maggior punto certo;
      ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,
      che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto,
      convienti ancor sedere un poco a mensa,
      però che 'l cibo rigido c'hai preso,
      richiede ancora aiuto a tua dispensa.
      Apri la mente a quel ch'io ti paleso
      e fermalvi entro; ché non fa scïenza,
      sanza lo ritenere, avere inteso.
      Due cose si convegnono a l'essenza
      di questo sacrificio: l'una è quella
      di che si fa; l'altr' è la convenenza.
      Quest' ultima già mai non si cancella
      se non servata; e intorno di lei
      sì preciso di sopra si favella:
      però necessitato fu a li Ebrei
      pur l'offerere, ancor ch'alcuna offerta
      sì permutasse, come saver dei.
      L'altra, che per materia t'è aperta,
      puote ben esser tal, che non si falla
      se con altra materia si converta.
      Ma non trasmuti carco a la sua spalla
      per suo arbitrio alcun, sanza la volta
      e de la chiave bianca e de la gialla;
      e ogne permutanza credi stolta,
      se la cosa dimessa in la sorpresa
      come 'l quattro nel sei non è raccolta.
      Però qualunque cosa tanto pesa
      per suo valor che tragga ogne bilancia,
      sodisfar non si può con altra spesa.
      Non prendan li mortali il voto a ciancia;
      siate fedeli, e a ciò far non bieci,
      come Ieptè a la sua prima mancia;
      cui più si convenia dicer 'Mal feci',
      che, servando, far peggio; e così stolto
      ritrovar puoi il gran duca de' Greci,
      onde pianse Efigènia il suo bel volto,
      e fé pianger di sé i folli e i savi
      ch'udir parlar di così fatto cólto.
      Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:
      non siate come penna ad ogne vento,
      e non crediate ch'ogne acqua vi lavi.
      Avete il novo e 'l vecchio Testamento,
      e 'l pastor de la Chiesa che vi guida;
      questo vi basti a vostro salvamento.
      Se mala cupidigia altro vi grida,
      uomini siate, e non pecore matte,
      sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!
      Non fate com' agnel che lascia il latte
      de la sua madre, e semplice e lascivo
      seco medesmo a suo piacer combatte!».
      Così Beatrice a me com' ïo scrivo;
      poi si rivolse tutta disïante
      a quella parte ove 'l mondo è più vivo.
      Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiante
      puoser silenzio al mio cupido ingegno,
      che già nuove questioni avea davante;
      e sì come saetta che nel segno
      percuote pria che sia la corda queta,
      così corremmo nel secondo regno.
      Quivi la donna mia vid' io sì lieta,
      come nel lume di quel ciel si mise,
      che più lucente se ne fé 'l pianeta.
      E se la stella si cambiò e rise,
      qual mi fec' io che pur da mia natura
      trasmutabile son per tutte guise!
      Come 'n peschiera ch'è tranquilla e pura
      traggonsi i pesci a ciò che vien di fori
      per modo che lo stimin lor pastura,
      sì vid' io ben più di mille splendori
      trarsi ver' noi, e in ciascun s'udia:
      «Ecco chi crescerà li nostri amori».
      E sì come ciascuno a noi venìa,
      vedeasi l'ombra piena di letizia
      nel folgór chiaro che di lei uscia.
      Pensa, lettor, se quel che qui s'inizia
      non procedesse, come tu avresti
      di più savere angosciosa carizia;
      e per te vederai come da questi
      m'era in disio d'udir lor condizioni,
      sì come a li occhi mi fur manifesti.
      «O bene nato a cui veder li troni
      del trïunfo etternal concede grazia
      prima che la milizia s'abbandoni,
      del lume che per tutto il ciel si spazia
      noi semo accesi; e però, se disii
      di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
      Così da un di quelli spirti pii
      detto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dì
      sicuramente, e credi come a dii».
      «Io veggio ben sì come tu t'annidi
      nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,
      perch' e' corusca sì come tu ridi;
      ma non so chi tu se', né perché aggi,
      anima degna, il grado de la spera
      che si vela a' mortai con altrui raggi».
      Questo diss' io diritto a la lumera
      che pria m'avea parlato; ond' ella fessi
      lucente più assai di quel ch'ell' era.
      Sì come il sol che si cela elli stessi
      per troppa luce, come 'l caldo ha róse
      le temperanze d'i vapori spessi,
      per più letizia sì mi si nascose
      dentro al suo raggio la figura santa;
      e così chiusa chiusa mi rispuose
      nel modo che 'l seguente canto canta



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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Mensaje por Maria Lua 14.01.24 11:31

      CANTO QUINTO


      PRIMER CIELO O DE LA LUNA


      LOS QUE QUEBRANTARON EL VOTO DE CASTIDAD
      SANTIDAD DEL VOTO Y POSIBILIDAD DE PERMUTACIÓN;
      SUBIDA AL SEGUNDO CIELO
      SEGUNDO CIELO O DE MERCURIO
      ESPÍRITUS ACTIVOS Y BENÉFICOS
      JCSTINIANO EMPERADOR


      Beatriz responde a la pregunta del poeta, disertando sobre la naturaleza
      del voto y como es posible compensarlo. Beatriz y el poeta ascienden hasta la esfera de Mercurio donde se le aparecen millares de
      espíritus que vienen a su encuentro. Uno de ellos ofrece dar al
      Dante las explicaciones que le pida. Al preguntar el poeta, el
      nombre del espíritu, la luz en que éste se halla envuelto se aviva
      tanto, que no puede soportarla con sus ojos mortales.


      «Si en mis ojos flamea amor ardiente,
      como en la tierra nunca visto ha sido,
      que ante su brillo tu ojo es impotente, s
      «no te admire, porque ésto ha provenido
      de perfecta visión, tal como aprende
      su marcha el pie, hacia su bien sabido. „
      «Bien veo ya como en tu mente esplende
      la luz divina que por siempre luce,
      y que con sólo verla amor enciende; a
      «y si otra cosa vuestro amor seduce,
      es tan sólo de aquella algún vestigio
      mal mirado, que en ella se trasluce ' 12
      «quieres saber, si un bien con su prestigio
      contra violado voto pueda tanto
      que al ánima asegure su litigio.» 15
      Así Beatriz encomenzó este canto,
      y como hombre que sigue lo que empieza,
      siguió el proceso del discurso santo: 18
      «El don mayor que Dios en su largueza
      hizo creando, con bondad colmada,
      y para El más conforme a su grandeza, 81
      «fué el de la voluntad deliberada,
      de que toda criatura inteligente
      por la gracia especial está dotada. 2i
      «Ora verás, juzgando con tu mente,
      el gran valor del voto, y si es exacto
      que Dios consienta a lo que el hombre asiente; 2T
      «que al firmar entre el hombre y Dios el pacto,
      víctima voluntaria, ese tesoro
      se ofrece, como digo, por tal acto. 30
      «IQué puede compensarlo con decoro?
      ¿Creerás Macer buen uso de lo oferto
      volviendo lo robado con desdoro 1 33
      «Del punto principal, esto es lo cierto;
      mas si la santa Iglesia lo dispensa,
      lo que te he dicho quedaría incierto. 33
      «No te levantes de esta mesa inmensa:
      porque el duro alimento que has probado,
      con fuerza digestiva se compensa. 39
      «Abre la mente a lo que te he enseñado,
      y guárdalo entre tí, pues no da ciencia,
      oir sin retener lo ya escuchado.
      «Dos cosas corresponden a la esencia
      del sacrificio: la una, la empeñada;
      y la otra es la ofrecida conveniencia.
      «Esta última no queda cancelada,
      si no se cumple; y explicada ha sido
      en lo' demás con precisión sobrada.
      «Por necesario, fuéles permitido,
      a los Hebreos permutar ofrenda
      alguna vez, como lo habrás leído.
      «Puede que lo primero, esto comprenda,
      como materia, en lo que no se manca,
      el voto permutado por la enmienda.
      «Mas nadie de su espalda el peso arranca
      por propia voluntad, si no da vuelta,
      bien la llave amarilla, bien la blanca;
      «y cualquiera permuta es mal resuelta,
      si no lleva la cosa que la ha dado,
      cual va en la seis la cifra cuatro envuelta.
      «Pues vale y pesa tanto, lo pesado
      Por su valor, que en toda fiel balanza,
      Por su valor tiene que ser pagado.
      *¡ No toméis los mortales voto a chanza!
      Sed fieles sin jurar a la ligera;
      no cual Jefté, tan cruel y sin templanza;
      *lue decir: Hice mal, más le valiera,
      y no hacer lo peor; ni con torpeza,
      cual el gran rey de Grecia procediera,
      «que llorando Ifijenia su belleza,
      hizo llorar al loco y sabio grave,
      al oir hablar de un culto sin terneza. n
      «Sed cristianos; que os mueva causa grave:
      no seáis como pluma a todo viento,
      ni penséis que toda; agua, culpas lave. 75
      «Tenéis el viejo y nuevo testamento,
      y el pastor de la Iglesia es vuestro guia:
      esto basta del alma al salvamento. ,8
      «Si os grita en contra! la codicia impía,
      sed hombres, y no estúpida borrega,
      a quien pueda mofar gente judía. 8i
      «No cual cordero hagáis, que se despega
      del pezón de la madre, y que lascivo,
      consigo mismo retozando brega.» S4
      Esto dijo Beatriz, como lo escribo;
      y volvióse después, toda anhelante,
      hacia el punto del mundo que es más vivo. «
      Y su silencio, al trasmuta r semblante,
      silencio impone a mi ardoroso anhelo
      que ya nuevas cuestiones ve delante. w
      Como saeta, que en su raudo vuelo,
      hiere, cuando aún la cuerda no está quieta,
      así alcanzamos el segundo cielo. 93
      Leda a Beatriz, la vi yo tan perfecta,
      al entra r en el cielo reluciente,
      que más luciente pareció el planeta. s«
      Y si la estrella se hizo sonriente
      I Qué podría yo hacer, que por natura
      soy mudable mortal tan variamente? **
      Como en una pesquera quieta y pura,
      se precipitan peces nadadores,
      en lo que cae buscando su pastura,
      así miré venir mil esplendores
      a nosotros, y en cada cual se oía:
      Ved quien acrecerá nuestros amores.
      Y cada sombra que hacia nos venía,
      se mostraba colmada de leticia
      en el claro fulgor que difundía.
      Piensa, lector, si lo que aquí se inicia
      se interrumpiera, cual te angustiaría
      no ver el fín de la eternal caricia.
      ¡Y podrás estimar él ansia mía,
      si el tuyo y mi deseo parangono,
      por conocer mejor lo que veía!
      «i Oh, bienaventurado! ¡ a quien el trono
      del triunfo eterno dado es ver por gracia,
      antes que de milicia el abandono!
      «La luz de todo el cielo que se espacia
      nos ilumina; y pues saber ansias,
      que es lo que somos, a placer te sacia.»
      Así, por una de estas almas pías
      dicho me fué; y mi Beatriz, siguiendo:
      «¡Di! ¡Di! creyendo como a Dios creerías.»
      «Que tenéis vuestros nidos, estoy viendo,
      en vuestra propia luz, pues la mirada
      resplandece en tus ojos sonriendo.
      «Mas quién eres, no sé, ¡oh, alma elevada,
      ni por qué permaneces en la esfera,
      que se esconde al mortal, de luz velada!»
      Esto dije, mirando a la lumbrera,
      que primero me hablara entre esplendores,
      y aun más luciente de lo que antes era.
      Como el sol con sus propios resplandores
      se oculta por su luz, cuando consume
      con su calor, del aire los vapores,
      mas gozosa de nuevo se reasume
      dentro a su rayo la figura santa,
      y encerrada en la forma que así asume,
      babló, como el siguiente Canto canta.



      488


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      Mensaje por Maria Lua 18.01.24 8:43


      CANTO VI




      [Canto VI, dove, nel cielo di Mercurio, Iustiniano imperadore
      sotto brevità narra tutti li grandi fatti operati per li Romani sotto
      la 'nsegna de l'aquila, da l'avvenimento di Enea in Italia infino al
      tempo di Longobardi; e alcune cose si dicono qui in laude di
      Romeo visconte del conte Ramondo Berlinghieri di Proenza.]


      «Poscia che Costantin l'aquila volse
      contr' al corso del ciel, ch'ella seguio
      dietro a l'antico che Lavina tolse,
      cento e cent' anni e più l'uccel di Dio
      ne lo stremo d'Europa si ritenne,
      vicino a' monti de' quai prima uscìo;
      e sotto l'ombra de le sacre penne
      governò 'l mondo lì di mano in mano,
      e, sì cangiando, in su la mia pervenne.
      Cesare fui e son Iustinïano,
      che, per voler del primo amor ch'i' sento,
      d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
      E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
      una natura in Cristo esser, non piùe,
      credea, e di tal fede era contento;
      ma 'l benedetto Agapito, che fue
      sommo pastore, a la fede sincera
      mi dirizzò con le parole sue.
      Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era,
      vegg' io or chiaro sì, come tu vedi
      ogni contradizione e falsa e vera.
      Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
      a Dio per grazia piacque di spirarmi
      l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;
      e al mio Belisar commendai l'armi,
      cui la destra del ciel fu sì congiunta,
      che segno fu ch'i' dovessi posarmi.
      Or qui a la question prima s'appunta
      la mia risposta; ma sua condizione
      mi stringe a seguitare alcuna giunta,
      perché tu veggi con quanta ragione
      si move contr' al sacrosanto segno
      e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.
      Vedi quanta virtù l'ha fatto degno
      di reverenza; e cominciò da l'ora
      che Pallante morì per darli regno.
      Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora
      per trecento anni e oltre, infino al fine
      che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
      E sai ch'el fé dal mal de le Sabine
      al dolor di Lucrezia in sette regi,
      vincendo intorno le genti vicine.
      Sai quel ch'el fé portato da li egregi
      Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
      incontro a li altri principi e collegi;
      onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
      negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi
      ebber la fama che volontier mirro.
      Esso atterrò l'orgoglio de li Aràbi
      che di retro ad Anibale passaro
      l'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
      Sott' esso giovanetti trïunfaro
      Scipïone e Pompeo; e a quel colle
      sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.
      Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
      redur lo mondo a suo modo sereno,
      Cesare per voler di Roma il tolle.
      E quel che fé da Varo infino a Reno,
      Isara vide ed Era e vide Senna
      e ogne valle onde Rodano è pieno.
      Quel che fé poi ch'elli uscì di Ravenna
      e saltò Rubicon, fu di tal volo,
      che nol seguiteria lingua né penna.
      Inver' la Spagna rivolse lo stuolo,
      poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse
      sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo.
      Antandro e Simeonta, onde si mosse,
      rivide e là dov' Ettore si cuba;
      e mal per Tolomeo poscia si scosse.
      Da indi scese folgorando a Iuba;
      onde si volse nel vostro occidente,
      ove sentia la pompeana tuba.
      Di quel che fé col baiulo seguente,
      Bruto con Cassio ne l'inferno latra,
      e Modena e Perugia fu dolente.
      Piangene ancor la trista Cleopatra,
      che, fuggendoli innanzi, dal colubro
      la morte prese subitana e atra.
      Con costui corse infino al lito rubro;
      con costui puose il mondo in tanta pace,
      che fu serrato a Giano il suo delubro.
      Ma ciò che 'l segno che parlar mi face
      fatto avea prima e poi era fatturo
      per lo regno mortal ch'a lui soggiace,
      diventa in apparenza poco e scuro,
      se in mano al terzo Cesare si mira
      con occhio chiaro e con affetto puro;
      ché la viva giustizia che mi spira,
      li concedette, in mano a quel ch'i' dico,
      gloria di far vendetta a la sua ira.
      Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replìco:
      poscia con Tito a far vendetta corse
      de la vendetta del peccato antico.
      E quando il dente longobardo morse
      la Santa Chiesa, sotto le sue ali
      Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
      Omai puoi giudicar di quei cotali
      ch'io accusai di sopra e di lor falli,
      che son cagion di tutti vostri mali.
      L'uno al pubblico segno i gigli gialli
      oppone, e l'altro appropria quello a parte,
      sì ch'è forte a veder chi più si falli.
      Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
      sott' altro segno, ché mal segue quello
      sempre chi la giustizia e lui diparte;
      e non l'abbatta esto Carlo novello
      coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
      ch'a più alto leon trasser lo vello.
      Molte fïate già pianser li figli
      per la colpa del padre, e non si creda
      che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli!
      Questa picciola stella si correda
      d'i buoni spirti che son stati attivi
      perché onore e fama li succeda:
      e quando li disiri poggian quivi,
      sì disvïando, pur convien che i raggi
      del vero amore in sù poggin men vivi.
      Ma nel commensurar d'i nostri gaggi
      col merto è parte di nostra letizia,
      perché non li vedem minor né maggi.
      Quindi addolcisce la viva giustizia
      in noi l'affetto sì, che non si puote
      torcer già mai ad alcuna nequizia.
      Diverse voci fanno dolci note;
      così diversi scanni in nostra vita
      rendon dolce armonia tra queste rote.
      E dentro a la presente margarita
      luce la luce di Romeo, di cui
      fu l'ovra grande e bella mal gradita.
      Ma i Provenzai che fecer contra lui
      non hanno riso; e però mal cammina
      qual si fa danno del ben fare altrui.
      Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,
      Ramondo Beringhiere, e ciò li fece
      Romeo, persona umìle e peregrina.
      E poi il mosser le parole biece
      a dimandar ragione a questo giusto,
      che li assegnò sette e cinque per diece,
      indi partissi povero e vetusto;
      e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe
      mendicando sua vita a frusto a frusto,
      assai lo loda, e più lo loderebbe».





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      344


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Mensaje por Maria Lua 20.01.24 21:15

      CANTO QUINTO


      PRIMER CIELO O DE LA LUNA


      LOS QUE QUEBRANTARON EL VOTO DE CASTIDAD
      SANTIDAD DEL VOTO Y POSIBILIDAD DE PERMUTACIÓN;
      SUBIDA AL SEGUNDO CIELO
      SEGUNDO CIELO O DE MERCURIO
      ESPÍRITUS ACTIVOS Y BENÉFICOS
      JCSTINIANO EMPERADOR


      Beatriz responde a la pregunta del poeta, disertando sobre la naturaleza
      del voto y como es posible compensarlo. Beatriz y el poeta ascienden hasta la esfera de Mercurio donde se le aparecen millares de
      espíritus que vienen a su encuentro. Uno de ellos ofrece dar al
      Dante las explicaciones que le pida. Al preguntar el poeta, el
      nombre del espíritu, la luz en que éste se halla envuelto se aviva
      tanto, que no puede soportarla con sus ojos mortales.


      «Si en mis ojos flamea amor ardiente,
      como en la tierra nunca visto ha sido,
      que ante su brillo tu ojo es impotente, s
      «no te admire, porque ésto ha provenido
      de perfecta visión, tal como aprende
      su marcha el pie, hacia su bien sabido. „
      «Bien veo ya como en tu mente esplende
      la luz divina que por siempre luce,
      y que con sólo verla amor enciende; a
      «y si otra cosa vuestro amor seduce,
      es tan sólo de aquella algún vestigio
      mal mirado, que en ella se trasluce ' 12
      «quieres saber, si un bien con su prestigio
      contra violado voto pueda tanto
      que al ánima asegure su litigio.» 15
      Así Beatriz encomenzó este canto,
      y como hombre que sigue lo que empieza,
      siguió el proceso del discurso santo: 18
      «El don mayor que Dios en su largueza
      hizo creando, con bondad colmada,
      y para El más conforme a su grandeza, 81
      «fué el de la voluntad deliberada,
      de que toda criatura inteligente
      por la gracia especial está dotada. 2i
      «Ora verás, juzgando con tu mente,
      el gran valor del voto, y si es exacto
      que Dios consienta a lo que el hombre asiente; 2T
      «que al firmar entre el hombre y Dios el pacto,
      víctima voluntaria, ese tesoro
      se ofrece, como digo, por tal acto. 30
      «IQué puede compensarlo con decoro?
      ¿Creerás Macer buen uso de lo oferto
      volviendo lo robado con desdoro 1 33
      «Del punto principal, esto es lo cierto;
      mas si la santa Iglesia lo dispensa,
      lo que te he dicho quedaría incierto. 33
      «No te levantes de esta mesa inmensa:
      porque el duro alimento que has probado,
      con fuerza digestiva se compensa. 39
      «Abre la mente a lo que te he enseñado,
      y guárdalo entre tí, pues no da ciencia,
      oir sin retener lo ya escuchado.
      «Dos cosas corresponden a la esencia
      del sacrificio: la una, la empeñada;
      y la otra es la ofrecida conveniencia.
      «Esta última no queda cancelada,
      si no se cumple; y explicada ha sido
      en lo' demás con precisión sobrada.
      «Por necesario, fuéles permitido,
      a los Hebreos permutar ofrenda
      alguna vez, como lo habrás leído.
      «Puede que lo primero, esto comprenda,
      como materia, en lo que no se manca,
      el voto permutado por la enmienda.
      «Mas nadie de su espalda el peso arranca
      por propia voluntad, si no da vuelta,
      bien la llave amarilla, bien la blanca;
      «y cualquiera permuta es mal resuelta,
      si no lleva la cosa que la ha dado,
      cual va en la seis la cifra cuatro envuelta.
      «Pues vale y pesa tanto, lo pesado
      Por su valor, que en toda fiel balanza,
      Por su valor tiene que ser pagado.
      *¡ No toméis los mortales voto a chanza!
      Sed fieles sin jurar a la ligera;
      no cual Jefté, tan cruel y sin templanza;
      *lue decir: Hice mal, más le valiera,
      y no hacer lo peor; ni con torpeza,
      cual el gran rey de Grecia procediera,
      «que llorando Ifijenia su belleza,
      hizo llorar al loco y sabio grave,
      al oir hablar de un culto sin terneza. n
      «Sed cristianos; que os mueva causa grave:
      no seáis como pluma a todo viento,
      ni penséis que toda; agua, culpas lave. 75
      «Tenéis el viejo y nuevo testamento,
      y el pastor de la Iglesia es vuestro guia:
      esto basta del alma al salvamento. ,8
      «Si os grita en contra! la codicia impía,
      sed hombres, y no estúpida borrega,
      a quien pueda mofar gente judía. 8i
      «No cual cordero hagáis, que se despega
      del pezón de la madre, y que lascivo,
      consigo mismo retozando brega.» S4
      Esto dijo Beatriz, como lo escribo;
      y volvióse después, toda anhelante,
      hacia el punto del mundo que es más vivo. «
      Y su silencio, al trasmuta r semblante,
      silencio impone a mi ardoroso anhelo
      que ya nuevas cuestiones ve delante. w
      Como saeta, que en su raudo vuelo,
      hiere, cuando aún la cuerda no está quieta,
      así alcanzamos el segundo cielo. 93
      Leda a Beatriz, la vi yo tan perfecta,
      al entra r en el cielo reluciente,
      que más luciente pareció el planeta. s«
      Y si la estrella se hizo sonriente
      I Qué podría yo hacer, que por natura
      soy mudable mortal tan variamente? **
      Como en una pesquera quieta y pura,
      se precipitan peces nadadores,
      en lo que cae buscando su pastura,
      así miré venir mil esplendores
      a nosotros, y en cada cual se oía:
      Ved quien acrecerá nuestros amores.
      Y cada sombra que hacia nos venía,
      se mostraba colmada de leticia
      en el claro fulgor que difundía.
      Piensa, lector, si lo que aquí se inicia
      se interrumpiera, cual te angustiaría
      no ver el fín de la eternal caricia.
      ¡Y podrás estimar él ansia mía,
      si el tuyo y mi deseo parangono,
      por conocer mejor lo que veía!
      «i Oh, bienaventurado! ¡ a quien el trono
      del triunfo eterno dado es ver por gracia,
      antes que de milicia el abandono!
      «La luz de todo el cielo que se espacia
      nos ilumina; y pues saber ansias,
      que es lo que somos, a placer te sacia.»
      Así, por una de estas almas pías
      dicho me fué; y mi Beatriz, siguiendo:
      «¡Di! ¡Di! creyendo como a Dios creerías.»
      «Que tenéis vuestros nidos, estoy viendo,
      en vuestra propia luz, pues la mirada
      resplandece en tus ojos sonriendo.
      «Mas quién eres, no sé, ¡oh, alma elevada,
      ni por qué permaneces en la esfera,
      que se esconde al mortal, de luz velada!»
      Esto dije, mirando a la lumbrera,
      que primero me hablara entre esplendores,
      y aun más luciente de lo que antes era.
      Como el sol con sus propios resplandores
      se oculta por su luz, cuando consume
      con su calor, del aire los vapores,
      mas gozosa de nuevo se reasume
      dentro a su rayo la figura santa,
      y encerrada en la forma que así asume,
      babló, como el siguiente Canto canta.



      488


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      y en ese vuelo y en ese sueño
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      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
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      Mensaje por Maria Lua 21.01.24 10:41

      CANTO VI




      [Canto VI, dove, nel cielo di Mercurio, Iustiniano imperadore
      sotto brevità narra tutti li grandi fatti operati per li Romani sotto
      la 'nsegna de l'aquila, da l'avvenimento di Enea in Italia infino al
      tempo di Longobardi; e alcune cose si dicono qui in laude di
      Romeo visconte del conte Ramondo Berlinghieri di Proenza.]


      «Poscia che Costantin l'aquila volse
      contr' al corso del ciel, ch'ella seguio
      dietro a l'antico che Lavina tolse,
      cento e cent' anni e più l'uccel di Dio
      ne lo stremo d'Europa si ritenne,
      vicino a' monti de' quai prima uscìo;
      e sotto l'ombra de le sacre penne
      governò 'l mondo lì di mano in mano,
      e, sì cangiando, in su la mia pervenne.
      Cesare fui e son Iustinïano,
      che, per voler del primo amor ch'i' sento,
      d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
      E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
      una natura in Cristo esser, non piùe,
      credea, e di tal fede era contento;
      ma 'l benedetto Agapito, che fue
      sommo pastore, a la fede sincera
      mi dirizzò con le parole sue.
      Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era,
      vegg' io or chiaro sì, come tu vedi
      ogni contradizione e falsa e vera.
      Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
      a Dio per grazia piacque di spirarmi
      l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;
      e al mio Belisar commendai l'armi,
      cui la destra del ciel fu sì congiunta,
      che segno fu ch'i' dovessi posarmi.
      Or qui a la question prima s'appunta
      la mia risposta; ma sua condizione
      mi stringe a seguitare alcuna giunta,
      perché tu veggi con quanta ragione
      si move contr' al sacrosanto segno
      e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.
      Vedi quanta virtù l'ha fatto degno
      di reverenza; e cominciò da l'ora
      che Pallante morì per darli regno.
      Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora
      per trecento anni e oltre, infino al fine
      che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
      E sai ch'el fé dal mal de le Sabine
      al dolor di Lucrezia in sette regi,
      vincendo intorno le genti vicine.
      Sai quel ch'el fé portato da li egregi
      Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
      incontro a li altri principi e collegi;
      onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
      negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi
      ebber la fama che volontier mirro.
      Esso atterrò l'orgoglio de li Aràbi
      che di retro ad Anibale passaro
      l'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
      Sott' esso giovanetti trïunfaro
      Scipïone e Pompeo; e a quel colle
      sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.
      Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
      redur lo mondo a suo modo sereno,
      Cesare per voler di Roma il tolle.
      E quel che fé da Varo infino a Reno,
      Isara vide ed Era e vide Senna
      e ogne valle onde Rodano è pieno.
      Quel che fé poi ch'elli uscì di Ravenna
      e saltò Rubicon, fu di tal volo,
      che nol seguiteria lingua né penna.
      Inver' la Spagna rivolse lo stuolo,
      poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse
      sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo.
      Antandro e Simeonta, onde si mosse,
      rivide e là dov' Ettore si cuba;
      e mal per Tolomeo poscia si scosse.
      Da indi scese folgorando a Iuba;
      onde si volse nel vostro occidente,
      ove sentia la pompeana tuba.
      Di quel che fé col baiulo seguente,
      Bruto con Cassio ne l'inferno latra,
      e Modena e Perugia fu dolente.
      Piangene ancor la trista Cleopatra,
      che, fuggendoli innanzi, dal colubro
      la morte prese subitana e atra.
      Con costui corse infino al lito rubro;
      con costui puose il mondo in tanta pace,
      che fu serrato a Giano il suo delubro.
      Ma ciò che 'l segno che parlar mi face
      fatto avea prima e poi era fatturo
      per lo regno mortal ch'a lui soggiace,
      diventa in apparenza poco e scuro,
      se in mano al terzo Cesare si mira
      con occhio chiaro e con affetto puro;
      ché la viva giustizia che mi spira,
      li concedette, in mano a quel ch'i' dico,
      gloria di far vendetta a la sua ira.
      Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replìco:
      poscia con Tito a far vendetta corse
      de la vendetta del peccato antico.
      E quando il dente longobardo morse
      la Santa Chiesa, sotto le sue ali
      Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
      Omai puoi giudicar di quei cotali
      ch'io accusai di sopra e di lor falli,
      che son cagion di tutti vostri mali.
      L'uno al pubblico segno i gigli gialli
      oppone, e l'altro appropria quello a parte,
      sì ch'è forte a veder chi più si falli.
      Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
      sott' altro segno, ché mal segue quello
      sempre chi la giustizia e lui diparte;
      e non l'abbatta esto Carlo novello
      coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
      ch'a più alto leon trasser lo vello.
      Molte fïate già pianser li figli
      per la colpa del padre, e non si creda
      che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli!
      Questa picciola stella si correda
      d'i buoni spirti che son stati attivi
      perché onore e fama li succeda:
      e quando li disiri poggian quivi,
      sì disvïando, pur convien che i raggi
      del vero amore in sù poggin men vivi.
      Ma nel commensurar d'i nostri gaggi
      col merto è parte di nostra letizia,
      perché non li vedem minor né maggi.
      Quindi addolcisce la viva giustizia
      in noi l'affetto sì, che non si puote
      torcer già mai ad alcuna nequizia.
      Diverse voci fanno dolci note;
      così diversi scanni in nostra vita
      rendon dolce armonia tra queste rote.
      E dentro a la presente margarita
      luce la luce di Romeo, di cui
      fu l'ovra grande e bella mal gradita.
      Ma i Provenzai che fecer contra lui
      non hanno riso; e però mal cammina
      qual si fa danno del ben fare altrui.
      Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,
      Ramondo Beringhiere, e ciò li fece
      Romeo, persona umìle e peregrina.
      E poi il mosser le parole biece
      a dimandar ragione a questo giusto,
      che li assegnò sette e cinque per diece,
      indi partissi povero e vetusto;
      e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe
      mendicando sua vita a frusto a frusto,
      assai lo loda, e più lo loderebbe».


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
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      Mensaje por Maria Lua 25.01.24 9:46

      CANTO SEXTO


      SEGUNDO CIELO O DE MERCURIO


      ESPÍRITUS ACTIVOS Y BENÉFICOS
      VIDA DE JUSTINIANO EMPERADOR; HISTORIA DEL ÁGUILA
      ROMANA ; INVECTIVAS CONTRA GIBELINOS
      Y GÜELFOS;
      LOS ESPÍRITUS BEATOS EN EL SEGUNDO CIELO
      El espíritu interrogado por el poeta le manifiesta que es el emperador Justiniano. Relata los altos hechos de la historia romana,
      <¡e que el águila imperial es símbolo, y que declara injuriada por
      giielíos y gibelinos al adoptarla por enseña de guerra . Agrega que
      la estrella de Mercurio está habitada por los que hicieron grandes
      cosas por el pensamiento y por la acción, dejando renombre y
      Progenie. Par a vengar la memoria de Romeo, primer ministro
      del conde de Provenza, Raimundo Berenger, mal pagado por éste,
      hace el elogio de aquél.



      «Constantino, del águila la insignia,
      volvió contra del sol, en la carrera
      que antes seguía al que ganó a Lavinia. 3
      «Por cien años y cien se mantuviera
      en el confín de Europa, venerada,
      cercana de aquel monte en que naciera; „
      *y a la sombra de su ala consagrada,
      al mundo gobernó de mano en mano,
      hasta que fué a mis manos entregada. 9
      «Yo fui César, y soy yo Justiniano,
      que por querer del primo amor que siento,
      limpié las leyes de su exceso vano. 12
      «Antes de realizar tan noble intento,
      una sola natur a veía en Cristo.
      y lo creía, con tal fe contento. ,¡
      «Mas el beato Agapito, que provisto
      fué cual sumo Pastor, con fe sincera
      me hizo ver lo divino en Jesucristo. i8
      .«Creíle; y lo que el santo me dijera,
      veo claro,- cual ves t u claramente,
      cual opinión es falsa o verdadera . 21
      «Así que de la Iglesia fui creyente,
      a Dios plugo inspirarme voluntario,
      la grande obra a que díme enteramente. 21
      «De las armas di el mando a Belisario,
      cuya diestra del cielo fué conjunta,
      marcándome reposo necesario. 21
      «Ya he contestado a t u primer pregunta ;
      pero hay una cuestión que se interpone,
      y me obliga a seguir porque se ayunta ; so
      «para mostrarte no hay razón que abone,
      a quien combate el sacrosanto signo,
      si se lo apropia, o bien si se le opone.
      33
      «Ve por cuantas hazañas se hizo digno
      de reverencia, desde aquel momento
      en que marcó Palante su destino. »•
      «Bien sabes tú, que en Alba tuvo asiento
      por tres siglos, peleando aún por su gloria,
      tres contra tres con varonil aliento. "
      «Desde el rapto sabíneo, hasta la historia,
      del dolor de Lucrecia, y siete regios,
      sabes que en torno impuso la victoria.
      «Sabes, cual los romanos más egregios
      la condujeron contra Pirro y Breno,
      y en contra de otros reyes y colegios.
      «A él le deben Torcuato, y Quinto el bueno
      de inculta cabellera, con sus Laces
      y Fabio y Decio su renombre pleno.
      «El aterró a les árabes tenaces
      que de Aníbal en pos, vanos pasaron,
      la alpestre roca, ¡Oh Po! donde tú naces.
      «A su sombra, muy jóvenes triunfaron,
      Pompeyo y Escipión; y en la colina
      donde naciste tú, muchos lloraron.
      «Después que plugo a voluntad divina
      dar al mundo, de paz día sereno,
      Roma en manos de César lo consigna.
      «Lo que hizo el signo desde el Var al Eeno,
      lo vio el Iser y el Era, lo vio el Sena,
      y los valles que al Ródano dan lleno;
      «y lo que hizo saliendo de Ravena,
      pasando el Rubicón, fué de tal vuelo,
      que la lengua y la pluma se refrena.
      «Y las huestes llevó de España al suelo;
      luego a Durazzo; y en Parsalia dando,
      hasta el caliente Nilo sintió el duelo.
      «Hacia el Simois y Antandro retornando,
      tumba de Héctor, que hoy son ruinas troyanas,
      Por mal de Tolomeo fué volando.
      «Vino, y cual rayo de alas soberanas,
      venció a Juba, corriendo al Occidente,
      al sentir las trompetas pompeyanas. T2
      «Por lo que hizo, el que alzólo subsecuente,
      Casio con Bruto abajo están ladrando,
      llora Peruza, y Módena doliente. „
      «Y aun Cleopatra la triste está llorando,
      que ante su vista huyó, y por despojo
      al áspid entregó su seno blando. ?s
      «Con él corrió hasta el linde del mar Rojo;
      el mundo fué con él pacificado,
      y del templo de Jano echó el cerrojo. 8i
      «Pero este signo de que tanto he hablado,
      y hecho había, y haría en lo futuro,
      en el reino mortal que ha sojuzgado, 8<
      «todo aparece poco y aun obscuro,
      si en el César tercero se le mira
      con ojo claro y con afecto puro; SÍ
      «que la viva justicia que me inspira,
      le concedió, llevándole en su mano,
      la gloria de vengar del cielo la ira. »
      «Y admírate, su esfuerzo soberano,
      hizo a Tito tomar digna venganza
      de la venganza del pecado anciano. ss
      «Y cuando el diente del lombardo alcanza
      a la Iglesia a morder, bajo su auspicio,
      Carlomagno, venciendo, es su esperanza. 9«
      «Ora puedes juzgar por este indicio
      a los que antes juzgué y he condenado,
      causas de tanto humano maleficio. »9
      «Uno con lises jaldes ha afrontado,
      el signo que otro apropia por su parte;
      y es difícil saber cual más culpado.
      «Que siga el Gibelino y siga en su arte
      bajo otro signo, que no ampara el cielo
      al que de la justicia marcha aparte.
      «No abatirla pretendan por el suelo,
      Carlos, ni GüelfoS; teman a su garra
      que a más valiente león dejó sin pelo.
      «A veces la justicia al hijo agarra
      por la culpa del padre; y no se crea
      que trueque Dios blasón por lis en barra.
      «Esta pequeña estrella se rodea
      de espíritus de bien, que han sido activos
      por el honor y fama como idea:
      «que cuando por terrenos atractivos
      los deseos desvían a la gloria,
      en menos luz de amor quedan cautivos.
      «Si la paga, con la obra meritoria
      medimos, encontramos la leticia,
      que es en menos o en más consolatoria.
      «Aquí se endulza en vivida justicia
      nuestro afecto, tan libre de pasiones,
      que no puede torcerlo la nequicia.
      «Diversas voces forman dulces sones:
      y así en diversos grados se concita
      la armonía celeste en sus regiones.
      «Y dentro a' la presente margarita,
      luce su luz Romeo: su obra buena,
      la gente ingrata declaró maldita.
      «Empero, el provenzal de su condena
      no se ha reído: pnes quien mal camina
      a sí mismo se busca daño y pena.
      «Cuatro hijas tuvo, cada cual regina;
      Eaimundo Berenger, que las hiciera,
      fué una humilde persona peregrina.
      «Torpe consejo a su señor moviera,
      a pedirle sus cuentas a ese justo,
      quien por diez, siete y cinco devolviera,
      «Fuese pobre, cuando era ya vetusto,
      y si el mundo supiera su valía,
      al mendigar su pan en su disgusto,
      «más de lo que lo ensalza, ensalzaría.»



      494


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
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      Mensaje por Maria Lua 26.01.24 19:16

      CANTO VII



      [Canto VII, nel quale Beatrice mostra come la vendetta fatta per
      Tito de la morte di Gesù Cristo nostro Salvatore fue giusta,
      essendo la morte di Gesù Cristo giusta per ricomperamento de
      l'umana generazione e solvimento del peccato del primo padre.]



      «Osanna, sanctus Deus sabaòth,
      superillustrans claritate tua
      felices ignes horum malacòth!».
      Così, volgendosi a la nota sua,
      fu viso a me cantare essa sustanza,
      sopra la qual doppio lume s'addua;
      ed essa e l'altre mossero a sua danza,
      e quasi velocissime faville
      mi si velar di sùbita distanza.
      Io dubitava e dicea 'Dille, dille!'
      fra me, 'dille' dicea, 'a la mia donna
      che mi diseta con le dolci stille'.
      Ma quella reverenza che s'indonna
      di tutto me, pur per Be e per ice,
      mi richinava come l'uom ch'assonna.
      Poco sofferse me cotal Beatrice
      e cominciò, raggiandomi d'un riso
      tal, che nel foco faria l'uom felice:
      «Secondo mio infallibile avviso,
      come giusta vendetta giustamente
      punita fosse, t'ha in pensier miso;
      ma io ti solverò tosto la mente;
      e tu ascolta, ché le mie parole
      di gran sentenza ti faran presente.
      Per non soffrire a la virtù che vole
      freno a suo prode, quell' uom che non nacque,
      dannando sé, dannò tutta sua prole;
      onde l'umana specie inferma giacque
      giù per secoli molti in grande errore,
      fin ch'al Verbo di Dio discender piacque
      u' la natura, che dal suo fattore
      s'era allungata, unì a sé in persona
      con l'atto sol del suo etterno amore.
      Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona:
      questa natura al suo fattore unita,
      qual fu creata, fu sincera e buona;
      ma per sé stessa pur fu ella sbandita
      di paradiso, però che si torse
      da via di verità e da sua vita.
      La pena dunque che la croce porse
      s'a la natura assunta si misura,
      nulla già mai sì giustamente morse;
      e così nulla fu di tanta ingiura,
      guardando a la persona che sofferse,
      in che era contratta tal natura.
      Però d'un atto uscir cose diverse:
      ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte;
      per lei tremò la terra e 'l ciel s'aperse.
      Non ti dee oramai parer più forte,
      quando si dice che giusta vendetta
      poscia vengiata fu da giusta corte.
      Ma io veggi' or la tua mente ristretta
      di pensiero in pensier dentro ad un nodo,
      del qual con gran disio solver s'aspetta.
      Tu dici: "Ben discerno ciò ch'i' odo;
      ma perché Dio volesse, m'è occulto,
      a nostra redenzion pur questo modo".
      Questo decreto, frate, sta sepulto
      a li occhi di ciascuno il cui ingegno
      ne la fiamma d'amor non è adulto.
      Veramente, però ch'a questo segno
      molto si mira e poco si discerne,
      dirò perché tal modo fu più degno.
      La divina bontà, che da sé sperne
      ogne livore, ardendo in sé, sfavilla
      sì che dispiega le bellezze etterne.
      Ciò che da lei sanza mezzo distilla
      non ha poi fine, perché non si move
      la sua imprenta quand' ella sigilla.
      Ciò che da essa sanza mezzo piove
      libero è tutto, perché non soggiace
      a la virtute de le cose nove.
      Più l'è conforme, e però più le piace;
      ché l'ardor santo ch'ogne cosa raggia,
      ne la più somigliante è più vivace.
      Di tutte queste dote s'avvantaggia
      l'umana creatura, e s'una manca,
      di sua nobilità convien che caggia.
      Solo il peccato è quel che la disfranca
      e falla dissimìle al sommo bene,
      per che del lume suo poco s'imbianca;
      e in sua dignità mai non rivene,
      se non rïempie, dove colpa vòta,
      contra mal dilettar con giuste pene.
      Vostra natura, quando peccò tota
      nel seme suo, da queste dignitadi,
      come di paradiso, fu remota;
      né ricovrar potiensi, se tu badi
      ben sottilmente, per alcuna via,
      sanza passar per un di questi guadi:
      o che Dio solo per sua cortesia
      dimesso avesse, o che l'uom per sé isso
      avesse sodisfatto a sua follia.
      Ficca mo l'occhio per entro l'abisso
      de l'etterno consiglio, quanto puoi
      al mio parlar distrettamente fisso.
      Non potea l'uomo ne' termini suoi
      mai sodisfar, per non potere ir giuso
      con umiltate obedïendo poi,
      quanto disobediendo intese ir suso;
      e questa è la cagion per che l'uom fue
      da poter sodisfar per sé dischiuso.
      Dunque a Dio convenia con le vie sue
      riparar l'omo a sua intera vita,
      dico con l'una, o ver con amendue.
      Ma perché l'ovra tanto è più gradita
      da l'operante, quanto più appresenta
      de la bontà del core ond' ell' è uscita,
      la divina bontà che 'l mondo imprenta,
      di proceder per tutte le sue vie,
      a rilevarvi suso, fu contenta.
      Né tra l'ultima notte e 'l primo die
      sì alto o sì magnifico processo,
      o per l'una o per l'altra, fu o fie:
      ché più largo fu Dio a dar sé stesso
      per far l'uom sufficiente a rilevarsi,
      che s'elli avesse sol da sé dimesso;
      e tutti li altri modi erano scarsi
      a la giustizia, se 'l Figliuol di Dio
      non fosse umilïato ad incarnarsi.
      Or per empierti bene ogne disio,
      ritorno a dichiararti in alcun loco,
      perché tu veggi lì così com' io.
      Tu dici: "Io veggio l'acqua, io veggio il foco,
      l'aere e la terra e tutte lor misture
      venire a corruzione, e durar poco;
      e queste cose pur furon creature;
      per che, se ciò ch'è detto è stato vero,
      esser dovrien da corruzion sicure".
      Li angeli, frate, e 'l paese sincero
      nel qual tu se', dir si posson creati,
      sì come sono, in loro essere intero;
      ma li alimenti che tu hai nomati
      e quelle cose che di lor si fanno
      da creata virtù sono informati.
      Creata fu la materia ch'elli hanno;
      creata fu la virtù informante
      in queste stelle che 'ntorno a lor vanno.
      L'anima d'ogne bruto e de le piante
      di complession potenzïata tira
      lo raggio e 'l moto de le luci sante;
      ma vostra vita sanza mezzo spira
      la somma beninanza, e la innamora
      di sé sì che poi sempre la disira.
      E quinci puoi argomentare ancora
      vostra resurrezion, se tu ripensi
      come l'umana carne fessi allora
      che li primi parenti intrambo fensi».







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      349


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      Mensaje por Maria Lua 28.01.24 12:12

      CANTO SÉTIMO


      SEGUNDO CIELO O DE MERCURIO

      ESPÍRITUS ACTIVOS Y BENÉFICOS
      LA MUERTE DE CRISTO;
      LA REDENCIÓN Y LA INMORTALIDAD DEL ALMA
      Las palabras de Justiniano hacen nacer nuevas dudas en el ánimo
      del poeta. Le parece extraño que Jesucristo haya merecido ser
      crucificado, y que los judíos, culpables del gran crimen, hayan
      sido castigados con justicia. No alcanza por qué Jesús escogió
      ese modo extraordinario de redención. Beatriz le convence de
      la justicia de una y otra cosa, revelándose el secreto de la doctrina, y le habla de la inmortalidad del alma_ y de la resurrección de ia carne.


      ¡Hossanna, santus Deus sabaóth,
      superillustrans clarüate tua
      felices ignes horum malaoth!
      Así canta, y en coro continúa,
      según vi, retornando la sustancia
      en que una doble luz la perpetúa.
      * alas otras, danzando en consonancia,
      como chispas veloces pasar veo,
      y súbitas perderse a la distancia.
      Yo dudando, no sé ni lo que creo,
      y me digo entre mí: ¡ Oh, Beatriz mía!
      ¡Dulce apaga la sed de mi deseo! 12
      Alas el grande respeto que sentía,
      apenas pronunciado el B y el Iz,
      como a un hombre dormido me oprimía. 15
      De tal estado me sacó Beatriz,
      y comenzó, radiante en su sonrisa,
      que entre llamas haría a un ser feliz. ]8
      «Según segura inspiración me avisa:
      ¿ Cómo, en justa venganza, justamente,
      hay castigo? tu idea está remisa. 21
      «Mas yo te alumbraré la oscura mente:
      escucha bien, que la palabra' mía,
      de una grande verdad te hará presente. 2*
      «Por no sufrir el freno que regía
      su voluntad, el hombre no nacido,
      perdiéndose, su prole perdería. 2?
      «Y así, el género humano sumergido
      vivió por muchos siglos en error,
      hasta que el Verbo santo descendido, 30
      «la natura divina del Creador,
      a la humana natura unió en persona,
      por acto sólo de su eterno amor. ¡'
      «Atiende, y bien con mi razón razona:
      está natura a su Hacedor unida,
      cual fué creada, su bondad abona; »»
      «mas fué por ella misma despedida
      del paraíso, porque incautamente
      dejó la senda de verdad y vida.
      «Así la pena de la cruz pendiente,
      si en el orden humano se mensura,
      impuesta fué cual nunca justamente;
      «y ninguna pudiera ser más dura,
      mirando a la persona que sufría,
      y que estaba encerrada en tal natura.
      «De igual causa otro afecto provenía,
      que al Judío y a Dios plugo una muerte,
      que al conmover la tierra, el cielo abría.
      «Y así, no debe extraño parecerte,
      que se diga, que fué venganza justa,
      la q^^e después vengó justicia fuerte.
      «Mas veo que en tu mente más se ajusta
      un nudo, y de la duda al bamboleo,
      en ella la verdad no bien se incrusta.
      «Tú dices: Lo que escucho bien lo creo,
      mas por qué, Dios quisiera, me es oculto,
      darnos tal redención, eso no veo.
      «Este decreto, hermano, está sepulto
      a los ojos del ser inteligente,
      que en las llamas de amor aun no es adulto.
      «Como en este misterio, ciertamente
      si más se mira, menos se discierna,
      su gran razón haré más evidente.
      «La divina bondad, que de sí externa
      todo rencor, y ardiendo en sí cintila,
      y así desplega su belleza eterna,
      «lo que directamente ella destila,
      no tiene fin, porque jamás se mueve
      su sello, cuando próvida sigila;
      «lo que por su virtud de lo alto llueve,
      libre es del todo, por no estar sujeto
      a otra causa menor lo que promueve, 7,
      «lo más conforme, le merece afecto,
      que el santo ardor que en todo resplandece,
      tiene en. más semejanza, más efecto. 7S
      «Con estos dones su virtud acrece
      la humanidad: si la criatura falla,
      de su innata nobleza desmerece: 7B
      «el pecado del todo la avasalla,
      y más se aleja de aquel Bien divino,
      cuanto en ella su blanca luz desmaya. 8l
      «Y no recobra su frescor prístino,
      si de culpa el abismo no es colmado;
      que mal placer, tiene el dolor condigno. 8 4
      «Cuando el humano germen fué manchado,
      su dignidad perdió, cuando perdía
      el paraíso de que fué expulsado; 8 7
      «y recobrarlo ya no más podía,
      (si meditas con clara sutileza,)
      si no siguiendo la una o la otra vía: 90
      «o bien Dios por sí mismo, en su largueza
      perdonase por sí, o el hombre mismo
      expiase por sí mismo su flaqueza. 93
      «Pija tu ojo en el fondo del abismo
      del eterno pensar, en cuanto es dado,
      y escucha mis razones asimismo. 95
      «El hombre en su natura limitado,
      mal podía pagar con la obediencia,
      su deuda, ni aun postrándose humillado, 99
      «cuánto se alzó soberbio en resistencia;
      y por esto, la culpa no ha podido
      el hombre rescatar en su impotencia;
      «así, el juicio de Dios ha convenido
      volver al hombre a su plenaria vida,
      y si una digo, dos he comprendido.
      «Mas siendo la obra tanto más querida
      cuanto más al obrero representa,
      de la bondad del corazón nacida,
      «la divina bondad que al mundo alienta,
      procediendo por esta doble vía,
      al rescataros se encontró contenta.
      «Entre la última noche y primo día,
      nunca un acto más alto y más grandioso
      por una u otra ley se hizo ni haría;
      «porque al darse, fué Dios más generoso,
      habilitando al hombre a rescatarse,
      que en perdonar la falta bondadoso.
      «De otro modo no puede compensarse
      a la justicia, si de Dios el Hijo
      no se hubiera humillado hasta encarnarse.
      «Ora quiero llevar tu anhelo fijo,
      volviendo al punto a que de nuevo llego,
      y veas por qué senda te dirijo,
      «Dices: Yo veo el aire, él agua, el fuego,
      y la tierra con .todas sus mixturas,
      venir a corrupción, perderse luego.
      «7 estas cosas de Dios fueron creaturas,
      y siendo lo que digo verdadero,
      contra la corrupción fueron seguras.
      «Los ángeles, ¡ oh hermano! y el sincero
      mundo en que estás, se llaman bien creados,
      - por cuanto gozan de su ser entero;
      «mas los cuatro elementos ya nombrados,
      y las cosas que engendran y retienen,
      por creada virtud son informados.
      «Creada fué la materia que contienen,
      y su virtud informativa, en cuantas
      estrellas giran, que en contorno tienen.
      «El ánima del bruto y de las plantas,
      de una sustancia organizada tira,
      la luz y acción en esas luces santas.
      «Mas vuestra vida por su medio inspira
      la alta bondad, y de ella la enamora,
      con un anhelo que jamás espira.
      «Y de esto puedes deducir ahora,
      vuestra resurrección bien meditada,
      como la humana carne nació en su hora,
      «y en los primeros padres fué creada.»


      500


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      Mensaje por Maria Lua 30.01.24 7:01

      CANTO VIII


      [Canto VIII, nel quale si manifestano alcune questioni per Carlo
      giovane, re d'Ungheria, il quale si mostroe nel circulo di Venere;
      e qui comincia la terza parte di questa cantica.]


      Solea creder lo mondo in suo periclo
      che la bella Ciprigna il folle amore
      raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
      per che non pur a lei faceano onore
      di sacrificio e di votivo grido
      le genti antiche ne l'antico errore;
      ma Dïone onoravano e Cupido,
      quella per madre sua, questo per figlio,
      e dicean ch'el sedette in grembo a Dido;
      e da costei ond' io principio piglio
      pigliavano il vocabol de la stella
      che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
      Io non m'accorsi del salire in ella;
      ma d'esservi entro mi fé assai fede
      la donna mia ch'i' vidi far più bella.
      E come in fiamma favilla si vede,
      e come in voce voce si discerne,
      quand' una è ferma e altra va e riede,
      vid' io in essa luce altre lucerne
      muoversi in giro più e men correnti,
      al modo, credo, di lor viste interne.
      Di fredda nube non disceser venti,
      o visibili o no, tanto festini,
      che non paressero impediti e lenti
      a chi avesse quei lumi divini
      veduti a noi venir, lasciando il giro
      pria cominciato in li alti Serafini;
      e dentro a quei che più innanzi appariro
      sonava 'Osanna' sì, che unque poi
      di rïudir non fui sanza disiro.
      Indi si fece l'un più presso a noi
      e solo incominciò: «Tutti sem presti
      al tuo piacer, perché di noi ti gioi.
      Noi ci volgiam coi principi celesti
      d'un giro e d'un girare e d'una sete,
      ai quali tu del mondo già dicesti:
      'Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete';
      e sem sì pien d'amor, che, per piacerti,
      non fia men dolce un poco di quïete».
      Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
      a la mia donna reverenti, ed essa
      fatti li avea di sé contenti e certi,
      rivolsersi a la luce che promessa
      tanto s'avea, e «Deh, chi siete?» fue
      la voce mia di grande affetto impressa.
      E quanta e quale vid' io lei far piùe
      per allegrezza nova che s'accrebbe,
      quando parlai, a l'allegrezze sue!
      Così fatta, mi disse: «Il mondo m'ebbe
      giù poco tempo; e se più fosse stato,
      molto sarà di mal, che non sarebbe.
      La mia letizia mi ti tien celato
      che mi raggia dintorno e mi nasconde
      quasi animal di sua seta fasciato.
      Assai m'amasti, e avesti ben onde;
      che s'io fossi giù stato, io ti mostrava
      di mio amor più oltre che le fronde.
      Quella sinistra riva che si lava
      di Rodano poi ch'è misto con Sorga,
      per suo segnore a tempo m'aspettava,
      e quel corno d'Ausonia che s'imborga
      di Bari e di Gaeta e di Catona,
      da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
      Fulgeami già in fronte la corona
      di quella terra che 'l Danubio riga
      poi che le ripe tedesche abbandona.
      E la bella Trinacria, che caliga
      tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
      che riceve da Euro maggior briga,
      non per Tifeo ma per nascente solfo,
      attesi avrebbe li suoi regi ancora,
      nati per me di Carlo e di Ridolfo,
      se mala segnoria, che sempre accora
      li popoli suggetti, non avesse
      mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!".
      E se mio frate questo antivedesse,
      l'avara povertà di Catalogna
      già fuggeria, perché non li offendesse;
      ché veramente proveder bisogna
      per lui, o per altrui, sì ch'a sua barca
      carcata più d'incarco non si pogna.
      La sua natura, che di larga parca
      discese, avria mestier di tal milizia
      che non curasse di mettere in arca».
      «Però ch'i' credo che l'alta letizia
      che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio,
      là 've ogne ben si termina e s'inizia,
      per te si veggia come la vegg' io,
      grata m'è più; e anco quest' ho caro
      perché 'l discerni rimirando in Dio.
      Fatto m'hai lieto, e così mi fa chiaro,
      poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso
      com' esser può, di dolce seme, amaro».
      Questo io a lui; ed elli a me: «S'io posso
      mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
      terrai lo viso come tien lo dosso.
      Lo ben che tutto il regno che tu scandi
      volge e contenta, fa esser virtute
      sua provedenza in questi corpi grandi.
      E non pur le nature provedute
      sono in la mente ch'è da sé perfetta,
      ma esse insieme con la lor salute:
      per che quantunque quest' arco saetta
      disposto cade a proveduto fine,
      sì come cosa in suo segno diretta.
      Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine
      producerebbe sì li suoi effetti,
      che non sarebbero arti, ma ruine;
      e ciò esser non può, se li 'ntelletti
      che muovon queste stelle non son manchi,
      e manco il primo, che non li ha perfetti.
      Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi?».
      E io: «Non già; ché impossibil veggio
      che la natura, in quel ch'è uopo, stanchi».
      Ond' elli ancora: «Or dì: sarebbe il peggio
      per l'omo in terra, se non fosse cive?».
      «Sì», rispuos' io; «e qui ragion non cheggio».
      «E puot' elli esser, se giù non si vive
      diversamente per diversi offici?
      Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive».
      Sì venne deducendo infino a quici;
      poscia conchiuse: «Dunque esser diverse
      convien di vostri effetti le radici:
      per ch'un nasce Solone e altro Serse,
      altro Melchisedèch e altro quello
      che, volando per l'aere, il figlio perse.
      La circular natura, ch'è suggello
      a la cera mortal, fa ben sua arte,
      ma non distingue l'un da l'altro ostello.
      Quinci addivien ch'Esaù si diparte
      per seme da Iacòb; e vien Quirino
      da sì vil padre, che si rende a Marte.
      Natura generata il suo cammino
      simil farebbe sempre a' generanti,
      se non vincesse il proveder divino.
      Or quel che t'era dietro t'è davanti:
      ma perché sappi che di te mi giova,
      un corollario voglio che t'ammanti.
      Sempre natura, se fortuna trova
      discorde a sé, com' ogne altra semente
      fuor di sua regïon, fa mala prova.
      E se 'l mondo là giù ponesse mente
      al fondamento che natura pone,
      seguendo lui, avria buona la gente.
      Ma voi torcete a la religïone
      tal che fia nato a cignersi la spada,
      e fate re di tal ch'è da sermone;
      onde la traccia vostra è fuor di strada».





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      354


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Dante Alighieri (1265-1321) - Página 6 Empty Re: Dante Alighieri (1265-1321)

      Mensaje por Maria Lua 31.01.24 9:00

      CANTO OCTAVO


      TERCER CIELO O DE VENUS


      ESPÍRITUS AMANTES
      EL NOMBRE DEL PLANETA; LOS ESPÍRITUS AMANTJES
      CARLOS MARTEL; ROBERTO REY
      DE ÑAPÓLES ; CAUSA DE LAS VARIAS ÍNDOLES PERSONALES
      El culto de Venus en la antigüedad. Sube el poeta a la estrella de
      Venus, que embellece con su luz a Beatriz, y admira la felicidad
      de los que fueron inflamados por la pasión del amor y la dominaron. Viene a su encuentro Carlos Martel. joven heredero de la
      corona de Hungría, quien le pinta la índole perversa de su hermano Roberto, contraria a la de Carlos II, su padre. Dante
      le interroga sobre las causas que hacen degenerar a los hijos.
      Carlos Jlartel le revela lo próvida que es la naturaleza, y le
      manifiesta el error de los que descuidan sus saludables indicaciones.


      Creía el mundo en su profano ciclo,
      que la bella Ciprina, los amores
      presidía, brillando en su epiciclo. a
      Y así, le tributaba los honores
      del sacrificio, y voto agradecido,
      la antigua gente imbuida en sus errores, „
      íue veneraba a Dione y a Cupido,
      la una por madre, y otro por ser hijo,
      que en la halda, dicen, se sentó de Dido. 8
      Y de Venus, como antes ya se dijo,
      el nombre daban a la blanca estrella,
      que en pos o antes del sol es astro fijo. n
      No acuerdo como remonté basta ella,
      mas al entrar en ella, iluminada
      con su fulgor, mire Beatriz mas bella. 1S
      Como se ve una chispa en llamarada,
      o voces ora graves, ora tiernas,
      se notan en cantata concertada, 18
      contemplo en esa luz muchas lucernas
      girar en alternados movimientos,
      según las hieren luces sempiternas: n
      de fría nube, nunca raudos vientos,
      vistos o no, bajaron tan festinos,
      que parecieran tardos y muy lentos. u
      Al ver los luminares peregrinos
      a nosotros venir, rompiendo el giro
      que comienza en los ángeles divinos, n
      en pos de aquellos que delante admiro,
      sonó un Hosanna tan divinamente,
      que desde entonces a escucharle aspiro. 30
      Uno de ellos paróse a nuestro frente,
      solo, y me dijo: «Aquí todo te asiste:
      goza en el goce de esta noble gente, 33
      «que entre celestes príncipes existe,
      y que de giro en giro te promete,
      lo que en el mundo alguna vez dijiste: 36
      «¡Voi, che intendendo il terso ciel movete!
      y es tanto nuestro amor para tu agrado,
      que hace que el giro nuestro aquí se aquiete.» 39
      Después que reverente hube mirado
      los ojos de mi guía y mi señora,
      y que fui por sus luces confortado
      volvíme hacia la luz tan prcmisora,
      y tan solo: ¿Quién eres? la voz mía
      articuló, si bien halagadora.
      i Oh! ¡ Cuánto y cómo vi que se acrecía
      su brillo, en nuevo goce transportada
      al escucharme hablar, con alegría!
      Y radiante me habló: «Corta morada
      hice en el mundo: de haber larga sido,
      harta desgracia fuérale evitada.
      «Esta leticia de que estoy circuido,
      me envuelve con su velo esplendoroso,
      (cuasi animal que en seda está escondido).
      «Mucho me amaste en vida, cariñoso:
      yo, si hubiera vivido, te brindaba,
      más que la hoja y la flor, fruto jugoso.
      «Aquella izquierda orilla, que allí lava
      el Ródano, y el Sorga mixturado,
      por su señor un tiempo, me esperaba;
      «y así el cuerno de Ausonia, rematado
      en Bari, en Gaeta y en Crotona,
      en que al mar, Tronto y Verde es derramado.
      «Ya en mi frente brillaba la corona
      de aquella tierra que el Danubio riega,
      cuando playas tudescas abandona:
      «Y la bella Trinacria, a donde llega
      en Pachino y Peloro sobre el golfo,
      en que no Tífeo con el Euro brega,
      «mas con humo de azufre en el regolfo,
      sus monarcas legítimos tuviera,
      natos de mí, de Carlos y Rodolfo; r,
      «si el mal gobierno al pueblo no moviera
      a sacudir el yugo, y lo indujese
      a gritar en Palermo: ¡Muera! ¡Muera! n
      «Si estos casos mi hermano preveyese,
      de Cataluña pobre y avarienta
      como de un gran peligro, de ella huyese; 7B
      «Porque en verdad, debiera tomar cuenta,
      por otros o por sí, de que a una barca
      muy cargada, no más carga se aumenta. s¡
      «De rica estirpe de natura parca,
      precisaba tener una milicia
      que no cuidase sólo henchir el arca.» M
      Yo exclamé: «Siento en mí la alta leticia
      que infundes, señor mío, y pienso y creo,
      que todo bien termina y que se inicia, S7
      «como lo sientes y cual yo lo veo,
      y es por eso tu hablar tanto más grato,
      porque mirando a Dios, ves su deseo. 9»
      «Bien que feliz, mis dudas aun combato,
      que al escucharte nacen nuevamente,
      como de dulce germen, fruto ingrato.» s»
      Esto a él; y él a mí: «Si bien patente
      una verdad presento a tus razones,
      darás la espalda a lo que das la frente.
      «El bien que alegra y mueve estas regiones,
      en que feliz te elevas, providente
      difunde en estos cuerpos, grandes dones: »'
      «y no vela por ellas solamente
      en su mente, por siempre en sí perfecta,
      si no también por salud inmanente;
      «pues lanzada de su arco la saeta,
      predestinada hacia su fin se inclina,
      como flecha que al blanco va directa.
      «De otro modo, la luz que te encamina
      produciría su contrario efecto,
      y su obra, en vez de un arte, fuera ruina.
      «Y esto no puede ser, si el intelecto
      que mueve estas estrellas no ha fallado,
      creando en su origen orden imperfecto.
      «¿Quieres por más verdad ser aclarado?»
      Y yo: «No más: pues veo claramente,
      que natura no falla en lo creado.»
      Siguió hablando: «¿Sería procedente
      que en la tierra viviere el hombre aislado?»
      Yo contesté: «¡Oh no! seguramente.»
      «¿Sería bien, no ser al hombre dado
      trabajar según varia competencia?
      No; que el maestro el bien es ha enseñado.»
      Y de aquí, deduciendo una evidencia,
      concluyó: «Y así surge de esta base
      de una causa, diversa consecuencia.
      *Que uno nace Solón, o Jerjes nace;
      otro Melquizedet; de otro el destino,
      es ver volando al hijo que se abrase.
      *La natura en acción,' estampa el signo
      en la cera mortal, con tino y arte,
      sin distinguir morada en su camino.
      «De aquí proviene que Esaú se aparte
      del germen de Jacob, y que Quirino,
      hijo de padre vil, elija a Marte. 13i
      «La natura engendrada, en su camino
      repetiría el tipo generante,
      a no prevalecer poder divino. 135
      «Ya ves atrás lo que antes por delante;
      y para darte de mi amor la prueba,
      un corolario quiero que te enmante. 13!
      «Siempre que a la natura se subleva
      contra su ley, como cualquier simiente,'
      fuera de su región, la ruina lleva. m
      «Si el mundo no apartara de su mente
      del proceder nativo las razones,
      siguiéndolo tendría buena gente. m
      «Mas vosotros, desviáis a devociones,
      al que nació para ceñir la espada;
      y hacéis un rey del que se da a sermones: m
      «y así marcháis por senda descarriada.»


      506


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      Dante Alighieri (1265-1321) - Página 6 Empty Re: Dante Alighieri (1265-1321)

      Mensaje por Maria Lua 03.02.24 21:18

      CANTO IX


      [Canto IX, nel quale parla madonna Cunizza di Romano,
      antidicendo alcuna cosa de la Marca di Trevigi; e parla Folco di
      Marsilia che fue vescovo d'essa.]


      Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
      m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni
      che ricever dovea la sua semenza;
      ma disse: «Taci e lascia muover li anni»;
      sì ch'io non posso dir se non che pianto
      giusto verrà di retro ai vostri danni.
      E già la vita di quel lume santo
      rivolta s'era al Sol che la rïempie
      come quel ben ch'a ogne cosa è tanto.
      Ahi anime ingannate e fatture empie,
      che da sì fatto ben torcete i cuori,
      drizzando in vanità le vostre tempie!
      Ed ecco un altro di quelli splendori
      ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi
      significava nel chiarir di fori.
      Li occhi di Bëatrice, ch'eran fermi
      sovra me, come pria, di caro assenso
      al mio disio certificato fermi.
      «Deh, metti al mio voler tosto compenso,
      beato spirto», dissi, «e fammi prova
      ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!».
      Onde la luce che m'era ancor nova,
      del suo profondo, ond' ella pria cantava,
      seguette come a cui di ben far giova:
      «In quella parte de la terra prava
      italica che siede tra Rïalto
      e le fontane di Brenta e di Piava,
      si leva un colle, e non surge molt' alto,
      là onde scese già una facella
      che fece a la contrada un grande assalto.
      D'una radice nacqui e io ed ella:
      Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
      perché mi vinse il lume d'esta stella;
      ma lietamente a me medesma indulgo
      la cagion di mia sorte, e non mi noia;
      che parria forse forte al vostro vulgo.
      Di questa luculenta e cara gioia
      del nostro cielo che più m'è propinqua,
      grande fama rimase; e pria che moia,
      questo centesimo anno ancor s'incinqua:
      vedi se far si dee l'omo eccellente,
      sì ch'altra vita la prima relinqua.
      E ciò non pensa la turba presente
      che Tagliamento e Adice richiude,
      né per esser battuta ancor si pente;
      ma tosto fia che Padova al palude
      cangerà l'acqua che Vincenza bagna,
      per essere al dover le genti crude;
      e dove Sile e Cagnan s'accompagna,
      tal signoreggia e va con la testa alta,
      che già per lui carpir si fa la ragna.
      Piangerà Feltro ancora la difalta
      de l'empio suo pastor, che sarà sconcia
      sì, che per simil non s'entrò in malta.
      Troppo sarebbe larga la bigoncia
      che ricevesse il sangue ferrarese,
      e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia,
      che donerà questo prete cortese
      per mostrarsi di parte; e cotai doni
      conformi fieno al viver del paese.
      Sù sono specchi, voi dicete Troni,
      onde refulge a noi Dio giudicante;
      sì che questi parlar ne paion buoni».
      Qui si tacette; e fecemi sembiante
      che fosse ad altro volta, per la rota
      in che si mise com' era davante.
      L'altra letizia, che m'era già nota
      per cara cosa, mi si fece in vista
      qual fin balasso in che lo sol percuota.
      Per letiziar là sù fulgor s'acquista,
      sì come riso qui; ma giù s'abbuia
      l'ombra di fuor, come la mente è trista.
      «Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia»,
      diss' io, «beato spirto, sì che nulla
      voglia di sé a te puot' esser fuia.
      Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla
      sempre col canto di quei fuochi pii
      che di sei ali facen la coculla,
      perché non satisface a' miei disii?
      Già non attendere' io tua dimanda,
      s'io m'intuassi, come tu t'inmii».
      «La maggior valle in che l'acqua si spanda»,
      incominciaro allor le sue parole,
      «fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
      tra ' discordanti liti contra 'l sole
      tanto sen va, che fa meridïano
      là dove l'orizzonte pria far suole.
      Di quella valle fu' io litorano
      tra Ebro e Macra, che per cammin corto
      parte lo Genovese dal Toscano.
      Ad un occaso quasi e ad un orto
      Buggea siede e la terra ond' io fui,
      che fé del sangue suo già caldo il porto.
      Folco mi disse quella gente a cui
      fu noto il nome mio; e questo cielo
      di me s'imprenta, com' io fe' di lui;
      ché più non arse la figlia di Belo,
      noiando e a Sicheo e a Creusa,
      di me, infin che si convenne al pelo;
      né quella Rodopëa che delusa
      fu da Demofoonte, né Alcide
      quando Iole nel core ebbe rinchiusa.
      Non però qui si pente, ma si ride,
      non de la colpa, ch'a mente non torna,
      ma del valor ch'ordinò e provide.
      Qui si rimira ne l'arte ch'addorna
      cotanto affetto, e discernesi 'l bene
      per che 'l mondo di sù quel di giù torna.
      Ma perché tutte le tue voglie piene
      ten porti che son nate in questa spera,
      proceder ancor oltre mi convene.
      Tu vuo' saper chi è in questa lumera
      che qui appresso me così scintilla
      come raggio di sole in acqua mera.
      Or sappi che là entro si tranquilla
      Raab; e a nostr' ordine congiunta,
      di lei nel sommo grado si sigilla.
      Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta
      che 'l vostro mondo face, pria ch'altr' alma
      del trïunfo di Cristo fu assunta.
      Ben si convenne lei lasciar per palma
      in alcun cielo de l'alta vittoria
      che s'acquistò con l'una e l'altra palma,
      perch' ella favorò la prima gloria
      di Iosüè in su la Terra Santa,
      che poco tocca al papa la memoria.
      La tua città, che di colui è pianta
      che pria volse le spalle al suo fattore
      e di cui è la 'nvidia tanto pianta,
      produce e spande il maladetto fiore
      c'ha disvïate le pecore e li agni,
      però che fatto ha lupo del pastore.
      Per questo l'Evangelio e i dottor magni
      son derelitti, e solo ai Decretali
      si studia, sì che pare a' lor vivagni.
      A questo intende il papa e ' cardinali;
      non vanno i lor pensieri a Nazarette,
      là dove Gabrïello aperse l'ali.
      Ma Vaticano e l'altre parti elette
      di Roma che son state cimitero
      a la milizia che Pietro seguette,
      tosto libere fien de l'avoltero»






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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Dante Alighieri (1265-1321) - Página 6 Empty Re: Dante Alighieri (1265-1321)

      Mensaje por Maria Lua 05.02.24 9:07

      CANTO NOVENO



      TERCER CIELO O DE VENUS

      ESPÍRITUS AMANTES
      VATICINIO INDETERMINADO; CUNICIA DA ROMANO
      MARCA TREVIGIANA; FOLCO DA MARSIGLIA ; LA MERETRIZ
      ROAB; AVARICIA DE LOS ECLESIÁSTICOS
      Desaparece Carlos Martel, pronunciando su última palabra. Aparición
      de Cunicia, hermana del tirano Ezzelino III el romano y predice
      las calamidades que amenazan a la Marca de Treviso y a los patínanos, denunciando la traición del implo obispo de Feltro. El
      trovador Fulqueto de Marsella, poseído de un grande amor como el
      Uante, le muestra el alma de la cortesana de Jerieó, que salvó a
      los judíos en la conquista de la tierra prometida. Este gran recuerdo se ha borrado del espíritu de los que estudian las falsas Decretales, como fuentes de riqueza mal habidas y abandonan el Evangelio y los doctores de la iglesia, que sólo prometen
      felicidades celestes.



      Después que me alumbró, bella Clemencia,
      tu buen Carlos, narróme los engaños
      que debía sufrir su descendencia, ¡¡
      lias dijo: «¡ calla y deja andar los años'»
      Y así, sólo diré, que justo llanto
      ha de pagar vuestros injustos daños. „
      * el espíritu envuelto en fuego santo,
      volvióse a las celestes claridades
      del sol, que con su bien nos llena tanto. 0
      ¡ Olí, almas oscuras, llenas de impiedades,
      que apartáis de la luz vuestros amores,
      con frente erguida, en vanas vanidades! 12
      Entonces, otro de esos esplendores
      vino a mí, con anhelos de acudirme,
      mostrándolo en sus luces exteriores. l5
      La vista de Beatriz ,que siempre firme
      estaba sobre mí, su caro asenso
      en su mirada pareció infundirme. ,„
      «Concede a mi querer pronto compenso,
      beato espíritu» dije, «y dame prueba,
      que se refleja en ti lo que yo pienso.» 21
      La luz que para mí aun era nueva,
      desde el profundo foco en que cantaba,
      habló, como una luz que al bien nos lleva: 2»
      «En esa parte de la tierra prava,
      que se extiende en Italia, entre el Rialto,
      y las fuentes del Brenta y de la Piava, 2?
      «un collado, se eleva, no muy alto,
      de donde bajó un día una centella,
      que fué de la comarca el sobresalto. so
      «De esta misma raíz nací con ella:
      me llamaron Cunicia, y hoy refulgo,
      vencida por los fuegos de esa estrella. 3»
      «Aquí yo misma, mi perdón promulgo,
      ledamente, y su causa no me altera,
      aunque extraño tal vez parezca al vulgo. s»
      «Lo que está cerca a mí, clara lumbrera
      del cielo, que en el mundo por mi acento,
      grande fama dejó y antes que muera, »
      «cinco siglos tendrán su cumplimiento:
      ve si debe el mortal ser excelente,
      legando nueva vida en incremento. 42
      «No piensa así la turba que al presente,
      Adige y Tagliamento allá circunda,
      y ni por castigada se arrepiente; 45
      «mas la palude que al paduano inunda,
      roja hará el agua que a Vicenza baña,
      pues del deber rompieron la coyunda; 48
      «y do el Cagnan con Sile se acompaña,
      hay un señor, con frente enhiesta y alta,
      que por cogerle, alguna red se amaña. 51
      «Y Feltre llorará también la falta
      de su Pastor, tan cruda y tan impía,
      que por más crimen no se ha entrado en Malta. 54
      «¡ Qué ancha cuba la sangre llenaría
      del ferrarense! ¡y quién no fatigado,
      pesarla onza por onza intentaría! 5T
      «Sangre que hará verter el preste airado
      por servir a su bando; que estos dones
      son del país regalo acostumbrado. B0
      «Altos espejos hay, que por nociones
      tronos llamáis, que el fallo justiciero
      reflejan y hacen buenas mis razones.» e3
      Aquí calló, y de su acción infiero,
      que a lo alto su atención fuera llamada,
      volviendo al coro que ocupó primero. 00
      La otra luz que me fuera señalada,
      resplandeció ante mí, cual se reviste
      piedra preciosa por el sol bañada. 63
      Por qué el placer, allá de luz se viste,
      como de risa aquí; y en el infierno
      la sombra es más cuanto es el alma triste. 72
      «Dios todo ve, y tú ves en lo eterno,»
      dije, «espíritu beato; así que nada
      se oculta a ti del gran pensar interno; 75
      «tú que mezclas tu voz, armonizada
      con esas luces de eternal chispeo,
      cada una de seis alas enmantada, 78
      «IPor qué no satisfaces mi deseo?
      mi alma no esperaría tu demanda
      si yo me altruase como en ti me veo.» 8i
      «El mayor valle donde un mar se expanda,»
      me respondió el espíritu brillante,
      (fuera del que en la tierra es la guirlanda), 84
      «entre dos continentes, sol delante,
      comprende espacio tal, que el meridiano
      trasporta al horizonte confinante; 8;
      «de este valle yo he sido litorano,
      entre Ebro y Macra, que por corta vía
      al genovés divide del toscano; «o
      «cuasi entre ocaso y orto, está Bugía,
      en el promedio, tierra en qiie he nacido,
      cuya sangre caldeó su puerto un día. m
      «Por Pulco fui en el mundo conocido;
      y con mis luces se imprimió este cielo,
      como yo fui por ellas imprimido. eo
      «No ardió con más amor la hija de Belo,
      agraviando a Siqueo y a Creüsa,
      cual yo, mientras blanquear no vi mi pelo. w
      «Ni ardió más Rodopea, a quien ilusa
      Demofonte engañó, ni Alcides, cuando,
      ni aun devanar por su Yole rehusa.
      «No se arrepiente el alma, que gozando,
      borra culpa, que al alma no retorna;
      goza en quien todo ordena vigilando.
      «Aquí se admira un arte, que se adorna
      con la virtud, mostrando el bien que viene,
      y que del ,cielo hasta la tierra torna.
      «Y a fin que tu ansia de saber te llene,
      de las cosas que ves, en esta esfera,
      seguir más adelante me conviene:
      «¡Quieres saber quién guarda esa lumbrera
      que en este cielo junto a mí cintila,
      cual luz solar que en agua reverbera?
      «Has de saber que dentro, está tranquila
      el alma de Raab, de otras conjunta,
      sobre la cual más esplendor destila.
      «En este cielo, a que la sombra apunta
      de vuestro mundo, bendecida su alma
      en el triunfo de Cristo quedó asunta.
      «Bien merece ser puesta como palma,
      en algún cielo, de la gran victoria
      que él conquistó con una y otra palma;
      «que ella favoreció la primer gloria
      de Josué, al pisar la tierra santa,
      de que el papa no guarda la memoria.
      «Tu ciudad, cultivó la mala planta,
      del que olvidó al autor de los autores,
      ele cuya envidia viene pena tanta,
      «que da y esparce las malditas flores,
      los corderos y ovejas extraviando,
      en lobos convirtiendo a los pastores.
      «Por eso, el Evangelio abandonando
      sus magnos doctos, falsas decretales
      sólo estudian, sus márgenes sobando.
      «De esto se ocupan papa y cardenales,
      sin pensar que al venir a Nazareto,
      voló Gabriel con alas inmortales.
      «pero en el Vaticano, y lo selecto
      que Roma tiene, el sacro cementerio
      de Pedro y de su ejército perfecto,
      «libre al fin quedará del adulterio.»






      512


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      Mensaje por Maria Lua 09.02.24 16:28

      ***

      CANTO X



      [Canto X, nel quale santo Tommaso d'Aquino de l'ordine de'
      Frati Predicatori parla nel cielo del Sole; e qui comincia la quarta
      parte.]



      Guardando nel suo Figlio con l'Amore
      che l'uno e l'altro etternalmente spira,
      lo primo e ineffabile Valore
      quanto per mente e per loco si gira
      con tant' ordine fé, ch'esser non puote
      sanza gustar di lui chi ciò rimira.
      Leva dunque, lettore, a l'alte rote
      meco la vista, dritto a quella parte
      dove l'un moto e l'altro si percuote;
      e lì comincia a vagheggiar ne l'arte
      di quel maestro che dentro a sé l'ama,
      tanto che mai da lei l'occhio non parte.
      Vedi come da indi si dirama
      l'oblico cerchio che i pianeti porta,
      per sodisfare al mondo che li chiama.
      Che se la strada lor non fosse torta,
      molta virtù nel ciel sarebbe in vano,
      e quasi ogne potenza qua giù morta;
      e se dal dritto più o men lontano
      fosse 'l partire, assai sarebbe manco
      e giù e sù de l'ordine mondano.
      Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,
      dietro pensando a ciò che si preliba,
      s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.
      Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
      ché a sé torce tutta la mia cura
      quella materia ond' io son fatto scriba.
      Lo ministro maggior de la natura,
      che del valor del ciel lo mondo imprenta
      e col suo lume il tempo ne misura,
      con quella parte che sù si rammenta
      congiunto, si girava per le spire
      in che più tosto ognora s'appresenta;
      e io era con lui; ma del salire
      non m'accors' io, se non com' uom s'accorge,
      anzi 'l primo pensier, del suo venire.
      È Bëatrice quella che sì scorge
      di bene in meglio, sì subitamente
      che l'atto suo per tempo non si sporge.
      Quant' esser convenia da sé lucente
      quel ch'era dentro al sol dov' io entra'mi,
      non per color, ma per lume parvente!
      Perch' io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,
      sì nol direi che mai s'imaginasse;
      ma creder puossi e di veder si brami.
      E se le fantasie nostre son basse
      a tanta altezza, non è maraviglia;
      ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.
      Tal era quivi la quarta famiglia
      de l'alto Padre, che sempre la sazia,
      mostrando come spira e come figlia.
      E Bëatrice cominciò: «Ringrazia,
      ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo
      sensibil t'ha levato per sua grazia».
      Cor di mortal non fu mai sì digesto
      a divozione e a rendersi a Dio
      con tutto 'l suo gradir cotanto presto,
      come a quelle parole mi fec' io;
      e sì tutto 'l mio amore in lui si mise,
      che Bëatrice eclissò ne l'oblio.
      Non le dispiacque; ma sì se ne rise,
      che lo splendor de li occhi suoi ridenti
      mia mente unita in più cose divise.
      Io vidi più folgór vivi e vincenti
      far di noi centro e di sé far corona,
      più dolci in voce che in vista lucenti:
      così cinger la figlia di Latona
      vedem talvolta, quando l'aere è pregno,
      sì che ritenga il fil che fa la zona.
      Ne la corte del cielo, ond' io rivegno,
      si trovan molte gioie care e belle
      tanto che non si posson trar del regno;
      e 'l canto di quei lumi era di quelle;
      chi non s'impenna sì che là sù voli,
      dal muto aspetti quindi le novelle.
      Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
      si fuor girati intorno a noi tre volte,
      come stelle vicine a' fermi poli,
      donne mi parver, non da ballo sciolte,
      ma che s'arrestin tacite, ascoltando
      fin che le nove note hanno ricolte.
      E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando
      lo raggio de la grazia, onde s'accende
      verace amore e che poi cresce amando,
      multiplicato in te tanto resplende,
      che ti conduce su per quella scala
      u' sanza risalir nessun discende;
      qual ti negasse il vin de la sua fiala
      per la tua sete, in libertà non fora
      se non com' acqua ch'al mar non si cala.
      Tu vuo' saper di quai piante s'infiora
      questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia
      la bella donna ch'al ciel t'avvalora.
      Io fui de li agni de la santa greggia
      che Domenico mena per cammino
      u' ben s'impingua se non si vaneggia.
      Questi che m'è a destra più vicino,
      frate e maestro fummi, ed esso Alberto
      è di Cologna, e io Thomas d'Aquino.
      Se sì di tutti li altri esser vuo' certo,
      di retro al mio parlar ten vien col viso
      girando su per lo beato serto.
      Quell' altro fiammeggiare esce del riso
      di Grazïan, che l'uno e l'altro foro
      aiutò sì che piace in paradiso.
      L'altro ch'appresso addorna il nostro coro,
      quel Pietro fu che con la poverella
      offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
      La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
      spira di tale amor, che tutto 'l mondo
      là giù ne gola di saper novella:
      entro v'è l'alta mente u' sì profondo
      saver fu messo, che, se 'l vero è vero,
      a veder tanto non surse il secondo.
      Appresso vedi il lume di quel cero
      che giù in carne più a dentro vide
      l'angelica natura e 'l ministero.
      Ne l'altra piccioletta luce ride
      quello avvocato de' tempi cristiani
      del cui latino Augustin si provide.
      Or se tu l'occhio de la mente trani
      di luce in luce dietro a le mie lode,
      già de l'ottava con sete rimani.
      Per vedere ogne ben dentro vi gode
      l'anima santa che 'l mondo fallace
      fa manifesto a chi di lei ben ode.
      Lo corpo ond' ella fu cacciata giace
      giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
      e da essilio venne a questa pace.
      Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro
      d'Isidoro, di Beda e di Riccardo,
      che a considerar fu più che viro.
      Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
      è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
      gravi a morir li parve venir tardo:
      essa è la luce etterna di Sigieri,
      che, leggendo nel Vico de li Strami,
      silogizzò invidïosi veri».
      Indi, come orologio che ne chiami
      ne l'ora che la sposa di Dio surge
      a mattinar lo sposo perché l'ami,
      che l'una parte e l'altra tira e urge,
      tin tin sonando con sì dolce nota,
      che 'l ben disposto spirto d'amor turge;
      così vid' ïo la gloriosa rota
      muoversi e render voce a voce in tempra
      e in dolcezza ch'esser non pò nota
      se non colà dove gioir s'insempra.




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      364


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      Mensaje por Maria Lua 11.02.24 17:57

      CANTO DÉCIMO


      CUARTO CIELO O DEL SOL

      DOCTORES EN FILOSOFÍA Y TEOLOGÍA
      DIOS SUPREMO ARTÍFICE ; ORDEN DE LA CREACIÓN ;
      ASCENSIÓN AL CUARTO CIELO; ESPÍRITUS SAPIENTES ;
      TEÓLOGOS Y FILÓSOFOS ESCOLÁSTICOS Y ANTIGUOS
      El poeta celebra el orden perfecto con que Dios cre6 el Universo. El
      poeta j ' Beatriz ascienden al cuarto cielo, que es el del sol. Allí
      se encuentran rodeados por las almas resplandecientes de los
      doctores de la ciencia divina. Doce de los espíritus mas brillantes del planeta, forman en torno del poeta una corona. Uno de
      ellos, que se manifiesta ser sa,nto Tomfis de Aquino,' le revela el
      nombre de los otros bienaventurado.?, que admiran la belleza de la
      mujer que va a conducir al cielo.


      Mirando al Hijo en el amor intenso,
      que eternamente al uno y otro inspira,
      el motor inefable de lo inmenso, a
      cuanto en la mente y en el ojo gira,
      todo ordenó, tan justa y sabiamente,
      que más se goza' en él si más se mira. a
      Conmigo pues lector alza la frente
      derecho a las esferas en la parte
      donde un giro del otro es divergente.
      Y allí, comienza a contemplar el arte
      del gran Maestro, que en sí mismo se ama,
      sin que sus ojos Je su hechura aparte;
      contempla cual de allí se desparrama,
      el cerco oblicuo de planetas guía,
      para servir al mundo que los llama:
      si no marchase por oblicua vía,
      mucha fuerza del cielo fuera en vano,
      y en tierra, su potencia moriría,
      y si su recto curso, más lejano
      o menos fuese, desde tal momento
      fallara todo el existir mundano;
      puedes, lector, quedar quieto en tu asiento
      ante tanto prodigio, pensativo;
      que sin fatiga, quedarás contento:
      toma la copa en que por ti prelibo:
      vuelvo al trabajo que mi mente apura
      en la materia que obediente escribo.
      El ministro mayor de la natura,
      que el sello celestial en todo asienta,
      y el tiempo con sus luces conmensura,
      en la parte que arriba se comenta,
      conjunto a sus espiras circulaba
      donde la hora temprana se presenta:
      en aquel punto fijo me encontraba;
      y como pensamiento que sorprende,
      sin acordarme cómo, me elevaba,
      y mi Beatriz, cual ser que se desprende
      de lo bueno a mejor, súbitamente,
      sin medida del tiempo, leve asciende.
      ¡Cuan bella estaba, de por sí luciente,
      al entrar en el sol, que me envolvía
      no por color, sino por luz creciente!
      Ni arte ni ingenio imaginar podría,
      no digo describir tanta belleza:
      puedes creerlo, y por mirarla ansia.
      Que nuestra fantasía en su bajeza
      no se eleve, la cosa es bien sencilla;
      ¡Qué ojo arriba del sol vio más grandeza!
      ¡ Tal la cuarta familia que aquí brilla,
      del alto Padre que en mirar se sacia
      de trinidad la eterna maravilla!
      Y así Beatriz me habló: «¡ Al sol regracia
      de los querubes, al brillar visible
      ante tus ojos por inmensa gracia!»
      Nunca pecho mortal fué más sensible
      a la piedad, cual fuera yo movido,
      con tanta gratitud cuanta es posible,
      cuando esa voz repercutió en mi oído;
      en Él puse mi amor tan solamente,
      y se eclipsó Beatriz en el olvido.
      No le desagradó; más bien sonriente,
      al esplender en su ojo la sonrisa,
      pude ver cada cosa claramente.
      Miro una luz fulgente, que indivisa
      nos rodea, formando una corona,
      que más que en luz, en voces se armoniza.
      Así a veces de la hija de Latona,
      vemos ceñido en aire condensado
      su cinto en el espacio de su zona.
      En la corte celeste, donde he estado,
      vense joyas, tan ricas y tan bellas,
      que de aquel reino trasportar no es dado; -2
      y el canto de las luces es de aquellas.
      Quién no pueda volar hasta su cielo,
      espere un mudo que les hable de ellas. 73
      Cantando, aquellos soles en su vuelo,
      giraron en contorno con tres vueltas,
      como del polo estrellas en el cielo. 78
      Parecían cual jóvenes esbeltas,
      que al bailar, se detienen esperando
      que la música indique nuevas vueltas. 8i
      Del seno de uno de ellos, sonó: «Cuando,
      el rayo de la gracia en que se enciende
      el verdadero amor que crece amando, si
      «y que multiplicado en ti resplende,
      te ha traído subiendo esta escalera,
      que el que sube una vez siempre la asciende; S7
      «quien a tu sed el vino no ofreciera
      de su redoma, libre no sería:
      agua estancada en su corriente fuera. au
      «Quieres saber qué planta es la qne cría
      . la flor de la guirnalda iluminada,
      que circunda a la bella que te guía. os
      «Yo fui cordero de la grey sagrada,
      que conduce Domingo, por camino
      en que engorda la oveja no extraviada. 90
      «El que tengo a la diestra por vecino,
      mi hermano fué y maestro; y este, Alberto,
      grande en Colonia: yo Tomás de Aquino. 93
      «Si de los otros quieres estar cierto,
      que mi palabra siga tu mirada,
      girando por el céreo de concierto.
      «Graciano con sonrisa iluminada,
      es quien eximio en uno y otro foro,
      tuvo en el paraíso grata entrada.
      «El otro, que es ornato de este coro,
      fué el Pedro, qiie a la que en Roma destella,
      donó cual viuda triste su tesoro.
      «La quinta luz, más lúcida y más bella,
      respira tanto amor, que todo el mundo
      se alegrará tener noticia de ella.
      «Un saber ella encierra, tan profundo,
      que si lo verdadero es verdadero,
      no surgirá en la tierra su segundo.
      «Al lado resplandece otro lucero,
      que penetró la angélica natura,
      siendo carne, con ánimo certero.
      «La luz pequeña, que al sonreír fulgura,
      de la creencia cristiana fué abogado,
      y de él san Agustín hizo lectura.
      «Ora, si tu atención me ha acompañado
      de luz en luz, debes estar ansioso,
      quien es la octava luz que no he nombrado.
      «De ver el sumo bien se halla gozoso
      el espíritu noble, que ha mostrado
      la falacia del mundo al estudioso.
      «El cuerpo de que fuera separado
      ya?e en Cíeldáuro, y su alma aquí ha venido,
      de su destierro a santa paz alzado.
      «Mira arder el espíritu encendido
      de Isidoro, de Beda, y de Ricardo,
      que entre los hombres, gran varón ha sido. 132
      «De ése por quien ya tu pregunta aguardo
      de un espíritu son las claridades
      que con grave pensar morir vio tardo: m
      «de Sigerio es la luz, en las edades
      que en la calle de Fuarre, como es fama,
      silogismo entre envidias sus verdades.» 13,
      Luego, como reloj que en su hora llama
      a maitines de Dios a casta esposa,
      para adorar al que su. amor inflama, 1H
      en que una y otra rueda cadenciosa,
      fija el puntero, y el tin-tin sonando,
      el alma llena de emoción piadosa; u*
      así la excelsa rueda vi girando,
      y cantar a Ja vez con voz tan tierna,
      que solo escucha el coro venerando, nr
      donde se goza de la paz eterna.





      518


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Mensaje por Maria Lua 14.02.24 9:21


      CANTO XI


      [Canto XI, nel quale il detto frate in gloria di san Francesco sotto
      brevitate racconta la sua vita tutta, e riprende i suoi frati, ché
      pochi sono quelli che '1 seguitino.]


      O insensata cura de' mortali,
      quanto son difettivi silogismi
      quei che ti fanno in basso batter l'ali!
      Chi dietro a iura e chi ad amforismi
      sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
      e chi regnar per forza o per sofismi,
      e chi rubare e chi civil negozio,
      chi nel diletto de la carne involto
      s'affaticava e chi si dava a l'ozio,
      quando, da tutte queste cose sciolto,
      con Bëatrice m'era suso in cielo
      cotanto glorïosamente accolto.
      Poi che ciascuno fu tornato ne lo
      punto del cerchio in che avanti s'era,
      fermossi, come a candellier candelo.
      E io senti' dentro a quella lumera
      che pria m'avea parlato, sorridendo
      incominciar, faccendosi più mera:
      «Così com' io del suo raggio resplendo,
      sì, riguardando ne la luce etterna,
      li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
      Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
      in sì aperta e 'n sì distesa lingua
      lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna,
      ove dinanzi dissi: "U' ben s'impingua",
      e là u' dissi: "Non nacque il secondo";
      e qui è uopo che ben si distingua.
      La provedenza, che governa il mondo
      con quel consiglio nel quale ogne aspetto
      creato è vinto pria che vada al fondo,
      però che andasse ver' lo suo diletto
      la sposa di colui ch'ad alte grida
      disposò lei col sangue benedetto,
      in sé sicura e anche a lui più fida,
      due principi ordinò in suo favore,
      che quinci e quindi le fosser per guida.
      L'un fu tutto serafico in ardore;
      l'altro per sapïenza in terra fue
      di cherubica luce uno splendore.
      De l'un dirò, però che d'amendue
      si dice l'un pregiando, qual ch'om prende,
      perch' ad un fine fur l'opere sue.
      Intra Tupino e l'acqua che discende
      del colle eletto dal beato Ubaldo,
      fertile costa d'alto monte pende,
      onde Perugia sente freddo e caldo
      da Porta Sole; e di rietro le piange
      per grave giogo Nocera con Gualdo.
      Di questa costa, là dov' ella frange
      più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
      come fa questo talvolta di Gange.
      Però chi d'esso loco fa parole,
      non dica Ascesi, ché direbbe corto,
      ma Orïente, se proprio dir vuole.
      Non era ancor molto lontan da l'orto,
      ch'el cominciò a far sentir la terra
      de la sua gran virtute alcun conforto;
      ché per tal donna, giovinetto, in guerra
      del padre corse, a cui, come a la morte,
      la porta del piacer nessun diserra;
      e dinanzi a la sua spirital corte
      et coram patre le si fece unito;
      poscia di dì in dì l'amò più forte.
      Questa, privata del primo marito,
      millecent' anni e più dispetta e scura
      fino a costui si stette sanza invito;
      né valse udir che la trovò sicura
      con Amiclate, al suon de la sua voce,
      colui ch'a tutto 'l mondo fé paura;
      né valse esser costante né feroce,
      sì che, dove Maria rimase giuso,
      ella con Cristo pianse in su la croce.
      Ma perch' io non proceda troppo chiuso,
      Francesco e Povertà per questi amanti
      prendi oramai nel mio parlar diffuso.
      La lor concordia e i lor lieti sembianti,
      amore e maraviglia e dolce sguardo
      facieno esser cagion di pensier santi;
      tanto che 'l venerabile Bernardo
      si scalzò prima, e dietro a tanta pace
      corse e, correndo, li parve esser tardo.
      Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
      Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
      dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
      Indi sen va quel padre e quel maestro
      con la sua donna e con quella famiglia
      che già legava l'umile capestro.
      Né li gravò viltà di cuor le ciglia
      per esser fi' di Pietro Bernardone,
      né per parer dispetto a maraviglia;
      ma regalmente sua dura intenzione
      ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
      primo sigillo a sua religïone.
      Poi che la gente poverella crebbe
      dietro a costui, la cui mirabil vita
      meglio in gloria del ciel si canterebbe,
      di seconda corona redimita
      fu per Onorio da l'Etterno Spiro
      la santa voglia d'esto archimandrita.
      E poi che, per la sete del martiro,
      ne la presenza del Soldan superba
      predicò Cristo e li altri che 'l seguiro,
      e per trovare a conversione acerba
      troppo la gente e per non stare indarno,
      redissi al frutto de l'italica erba,
      nel crudo sasso intra Tevero e Arno
      da Cristo prese l'ultimo sigillo,
      che le sue membra due anni portarno.
      Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
      piacque di trarlo suso a la mercede
      ch'el meritò nel suo farsi pusillo,
      a' frati suoi, sì com' a giuste rede,
      raccomandò la donna sua più cara,
      e comandò che l'amassero a fede;
      e del suo grembo l'anima preclara
      mover si volle, tornando al suo regno,
      e al suo corpo non volle altra bara.
      Pensa oramai qual fu colui che degno
      collega fu a mantener la barca
      di Pietro in alto mar per dritto segno;
      e questo fu il nostro patrïarca;
      per che qual segue lui, com' el comanda,
      discerner puoi che buone merce carca.
      Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda
      è fatto ghiotto, sì ch'esser non puote
      che per diversi salti non si spanda;
      e quanto le sue pecore remote
      e vagabunde più da esso vanno,
      più tornano a l'ovil di latte vòte.
      Ben son di quelle che temono 'l danno
      e stringonsi al pastor; ma son sì poche,
      che le cappe fornisce poco panno.
      Or, se le mie parole non son fioche,
      se la tua audïenza è stata attenta,
      se ciò ch'è detto a la mente revoche,
      in parte fia la tua voglia contenta,
      perché vedrai la pianta onde si scheggia,
      e vedra' il corrègger che argomenta
      "U' ben s'impingua, se non si vaneggia"».


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      368


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      Mensaje por Maria Lua 17.02.24 17:22

      CANTO UNDÉCIMO


      CUARTO CIELO O DEL SOL
      DOCTORES EN FILOSOFÍA Y TEOLOGÍA
      VANIDAD DE LAS PREOCUPACIONES TERRESTOtES;
      DOS DUDAS; VIDA DE SAN FRANCISCO; INCREPACIÓN A LOS
      DOMINICANOS
      Insensatez de la actividad de los mortales. Dudas del poeta que resuelve Tomas de Aquino. El santo relata al poeta la vida ejemplar de san Francisco de Asís. Elogio de santo Domingo. ConseJos de santo Tomas al poeta.


      ¡Olí! ¡de mortales insensato anhelo,
      que con sus defectivos silogismos
      hace arrastrar tus alas por el suelo!
      Uno estudia derecho, otro aforismos;
      cual otro se dedica al sacerdocio;
      y otro a reinar por fuerza o embolismos;
      y quien al robo, o al civil negocio;
      quien en el goce de la carne envuelto,
      fatígase, o bien se "entrega al ocio;
      mientras que yo, de ligaduras suelto,
      subiendo al cielo con Beatriz, espero
      en la gloria inmortal quedar absuelto. I2
      Volvió a su posición cada lucero,
      y se afirmó en un punto de la esfera,
      como cirio fijado en candelero. ,.,
      Y sentí, dentro hablaba la lumbrera
      que antes me habló, y grata sonriendo
      con más intensidad resplandeciera: ,s
      «Así como en su rayo aquí me enciendo,
      así, mirando hacia la luz eterna,
      tu pensamiento, y su razón comprendo. 2t
      «Tú dudas, y tú quieres que discierna,
      en clara lengua y no en la que te asorda,
      lo que mi dicho a tu razón concierna, 2t
      «cuando te dije: donde bien se engorda;
      y cuando dije: no tendrá segundo:
      distinga bien la inteligencia sorda. 27
      «La providencia que gobierna al mundo,
      con tino tal, que vence al intelecto
      del hombre, sin llegar a lo profundo, 30
      «por mantener unida al ser dilecto,
      la esposa, del que en grito de agonía,
      como esposo le dio sangre y afecto, 3.1
      «y fuese, siempre fiel y siempre pía,
      dos campeones la dio con sus favores,
      que sus guardianes fuesen y su guía: so
      «el uno, con seráficos ardores;
      el otro fué en la tierr a la sapiencia,
      que el querub coronó con esplendores. ti
      «De uno hablaré, pues de ambos la excelencia,
      el elogio del uno, ambos comprende,
      que un mismo fin, buscaron en conciencia.
      «Entre el Tupín, y el río que desciende
      de la colina del piadoso Ubaldo,
      de alta montaña, fértil cuesta pende;
      «y entra a Perugia el frío y el rescaldo
      por su puerta del sol, y a espaldas llora
      bajo su yugo, el de Mocera y Gualdo:
      «allí donde la cuesta trepadora
      declina, vino al mundo un sol ardiente,
      como en el Ganges se levanta ahora:
      «quien de palabra designarle intente,
      no diga Asís, pues quedaría corto:
      si' bien quiere nombrarle, diga Oriente.
      «Aun no lejano estaba de su orto,
      y ya empezó a sentirse por la tierra
      de sus grandes virtudes el conforto.
      «Joven aún, con su familia en guerra,
      a una mujer amó, que como a muerte,
      la mano del placer su puerta cierra:
      «Ante su corte espiritual, en suerte,
      Et coram Paire, a ella siempre unido,
      dióle de día en día amor más fuerte.
      «Esta, privada del primer marido,
      mil cien y un años, en desdén y obscura,
      había sola sin amor vivido.
      «En vano dicen la encontró segura,
      con Amidas, la voz, que poderosa,
      difundió por el mundo la pavura;
      «fué en vano, que constante y valerosa,
      cuando María al pie quedó en tristeza
      con el Cristo subiese a cruz gloriosa; 72
      «y para hablar con menos oscureza,
      el nombre te diré de esos amantes:
      Francisco el uno, la otra la Pobreza. 75
      «Su concordia y sus plácidos semblantes,
      su amor de vanidades al resguardo,
      la piedad reflejaban inspirantes; 78
      «tanto, que el venerable san Bernardo
      se descalzó, buscando paz dichosa,
      y aun corriendo pensó llegar ya tardo; 8i
      «¡Oh, ignorada riqueza, tan preciosa!
      ¡Descalzo Egidio sigue, con Silvestre,
      y van hacia el esposo, por la esposa! 54
      «Y juntos van el padre y el maestro,
      con su mujer, y con la pobre gente
      que de humildad ceñía ya el cabestro. s?
      «No sonrojaba su apacible frente
      el que de un Bernardón el hijo fuera,
      ni el ser mirado desdeñosamente. 90
      «Ante Inocencio, su misión severa
      regiamente explicó, y el padre santo
      su sello puso a religión austera. 93
      «Cuando la pobre gente creció tanto,
      en pos del ser que a la virtud incita,
      y merece del cielo dulce canto, »«
      «con segunda corona fué bendita
      por Honorio, de Dios mismo inspirado,
      por la obra santa de este archimandrita. o?
      «Por la sed del martirio devorado,
      del gran Soldán ante la faz superba,
      de Cristo predicó el apostolado.
      «La gente halló su conversión acerba,
      y para no permanecer ocioso,
      volvió al cultivo de italiana yerba.
      «Entre el Arno y el Tíber peñascoso,
      Cristo le impuso su postrer estigma,
      que dos años llevó cuerpo glorioso.
      «Y cuando Aquel que de su humilde cima
      lo levantó, y halló merecedercs
      sus santos hechos de la sacra estima,
      «a sus hermanes, fieles herederos,
      recomendó la esposa dulce y pura,
      amándola con votos verdaderos:
      «y de su seno, su alma de ventura,
      quiso al tornar a la mansión primera,
      que de su cuerpo fuese sepultura.
      «¿Quién después de él en alta mar pudiera,
      como colega, mantener la barca
      de Pedro, por la ruta más certera?
      «Ese fué después de él nuestro Patriarca;
      y quien sigue su regla en lo que manda,
      puede decir que la merced embarca.
      «Pero el rebaño quiere nueva vianda,
      y por glotón, bien suceder podría,
      que por diverso campo al fin se expanda.
      *Que oveja que del pasto se desvía,
      y que errante se aleja.del rebaño,
      vuelve al redil de leche ya vacía;
      «Pero hay ovejas que temiendo el daño,
      se estrechan al pastor; mas son tan pocas,
      que se iraeden cubrir con poco paño.
      «Ora, si mis palabras bien evocas,
      si has escuchado con oído atento,
      y en tu mente lo dicho no revocas,
      «tu anhelo en parte quedará contento,
      viendo donde la planta forma esqueje,
      y entenderás bien claro el argumento:
      «.Medra bien, quien perdido no se aleje.»



      524


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      Mensaje por Maria Lua 19.02.24 8:21


      CANTO XII



      [Canto XII, nel quale frate Bonaventura da Bagnoregio in gloria
      di santo Dominico parla e brevemente la sua vita narra.]



      Sì tosto come l'ultima parola
      la benedetta fiamma per dir tolse,
      a rotar cominciò la santa mola;
      e nel suo giro tutta non si volse
      prima ch'un'altra di cerchio la chiuse,
      e moto a moto e canto a canto colse;
      canto che tanto vince nostre muse,
      nostre serene in quelle dolci tube,
      quanto primo splendor quel ch'e' refuse.
      Come si volgon per tenera nube
      due archi paralelli e concolori,
      quando Iunone a sua ancella iube,
      nascendo di quel d'entro quel di fori,
      a guisa del parlar di quella vaga
      ch'amor consunse come sol vapori,
      e fanno qui la gente esser presaga,
      per lo patto che Dio con Noè puose,
      del mondo che già mai più non s'allaga:
      così di quelle sempiterne rose
      volgiensi circa noi le due ghirlande,
      e sì l'estrema a l'intima rispuose.
      Poi che 'l tripudio e l'altra festa grande,
      sì del cantare e sì del fiammeggiarsi
      luce con luce gaudïose e blande,
      insieme a punto e a voler quetarsi,
      pur come li occhi ch'al piacer che i move
      conviene insieme chiudere e levarsi;
      del cor de l'una de le luci nove
      si mosse voce, che l'ago a la stella
      parer mi fece in volgermi al suo dove;
      e cominciò: «L'amor che mi fa bella
      mi tragge a ragionar de l'altro duca
      per cui del mio sì ben ci si favella.
      Degno è che, dov' è l'un, l'altro s'induca:
      sì che, com' elli ad una militaro,
      così la gloria loro insieme luca.
      Dante Alighieri - La Divina Commedia
      L'essercito di Cristo, che sì caro
      costò a rïarmar, dietro a la 'nsegna
      si movea tardo, sospeccioso e raro,
      quando lo 'mperador che sempre regna
      provide a la milizia, ch'era in forse,
      per sola grazia, non per esser degna;
      e, come è detto, a sua sposa soccorse
      con due campioni, al cui fare, al cui dire
      lo popol disvïato si raccorse.
      In quella parte ove surge ad aprire
      Zefiro dolce le novelle fronde
      di che si vede Europa rivestire,
      non molto lungi al percuoter de l'onde
      dietro a le quali, per la lunga foga,
      lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,
      siede la fortunata Calaroga
      sotto la protezion del grande scudo
      in che soggiace il leone e soggioga:
      dentro vi nacque l'amoroso drudo
      de la fede cristiana, il santo atleta
      benigno a' suoi e a' nemici crudo;
      e come fu creata, fu repleta
      sì la sua mente di viva vertute,
      che, ne la madre, lei fece profeta.
      Poi che le sponsalizie fuor compiute
      al sacro fonte intra lui e la Fede,
      u' si dotar di mutüa salute,
      la donna che per lui l'assenso diede,
      vide nel sonno il mirabile frutto
      ch'uscir dovea di lui e de le rede;
      e perché fosse qual era in costrutto,
      quinci si mosse spirito a nomarlo
      del possessivo di cui era tutto.
      Domenico fu detto; e io ne parlo
      sì come de l'agricola che Cristo
      elesse a l'orto suo per aiutarlo.
      Ben parve messo e famigliar di Cristo:
      ché 'l primo amor che 'n lui fu manifesto,
      fu al primo consiglio che diè Cristo.
      Spesse fïate fu tacito e desto
      trovato in terra da la sua nutrice,
      come dicesse: 'Io son venuto a questo'.
      Oh padre suo veramente Felice!
      oh madre sua veramente Giovanna,
      se, interpretata, val come si dice!
      Non per lo mondo, per cui mo s'affanna
      di retro ad Ostïense e a Taddeo,
      ma per amor de la verace manna
      in picciol tempo gran dottor si feo;
      tal che si mise a circüir la vigna
      che tosto imbianca, se 'l vignaio è reo.
      E a la sedia che fu già benigna
      più a' poveri giusti, non per lei,
      ma per colui che siede, che traligna,
      non dispensare o due o tre per sei,
      non la fortuna di prima vacante,
      non decimas, quae sunt pauperum Dei,
      addimandò, ma contro al mondo errante
      licenza di combatter per lo seme
      del qual ti fascian ventiquattro piante.
      Poi, con dottrina e con volere insieme,
      con l'officio appostolico si mosse
      quasi torrente ch'alta vena preme;
      e ne li sterpi eretici percosse
      l'impeto suo, più vivamente quivi
      dove le resistenze eran più grosse.
      Di lui si fecer poi diversi rivi
      onde l'orto catolico si riga,
      sì che i suoi arbuscelli stan più vivi.
      Se tal fu l'una rota de la biga
      in che la Santa Chiesa si difese
      e vinse in campo la sua civil briga,
      ben ti dovrebbe assai esser palese
      l'eccellenza de l'altra, di cui Tomma
      dinanzi al mio venir fu sì cortese.
      Ma l'orbita che fé la parte somma
      di sua circunferenza, è derelitta,
      sì ch'è la muffa dov' era la gromma.
      La sua famiglia, che si mosse dritta
      coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
      che quel dinanzi a quel di retro gitta;
      e tosto si vedrà de la ricolta
      de la mala coltura, quando il loglio
      si lagnerà che l'arca li sia tolta.
      Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
      nostro volume, ancor troveria carta
      u' leggerebbe "I' mi son quel ch'i' soglio";
      ma non fia da Casal né d'Acquasparta,
      là onde vegnon tali a la scrittura,
      ch'uno la fugge e altro la coarta.
      Io son la vita di Bonaventura
      da Bagnoregio, che ne' grandi offici
      sempre pospuosi la sinistra cura.
      Illuminato e Augustin son quici,
      che fuor de' primi scalzi poverelli
      che nel capestro a Dio si fero amici.
      Ugo da San Vittore è qui con elli,
      e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,
      lo qual giù luce in dodici libelli;
      Natàn profeta e 'l metropolitano
      Crisostomo e Anselmo e quel Donato
      ch'a la prim' arte degnò porre mano.
      Rabano è qui, e lucemi dallato
      il calavrese abate Giovacchino
      di spirito profetico dotato.
      Ad inveggiar cotanto paladino
      mi mosse l'infiammata cortesia
      di fra Tommaso e 'l discreto latino;
      e mosse meco questa compagnia».






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      373


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Mensaje por Maria Lua 21.02.24 10:07

      CANTO DUODÉCIMO



      CUARTO CIELO O DEL SOL

      DOCTORES EN FILOSOFÍA Y TEOLOGÍA
      SEGUNDA CORONA P E VITOS ESPLENDORES;
      VIDA DE SANTO DOMINGO; REPROCHE
      A LOS FRANCISCANOS; BONAVENTÜRA Y SUS COMPAÑEROS
      Al terminar su discurso santo Tomas de Aquino otra corona de espíritus circunda a la primera, a la manera de dos arcos de Iris.
      Uno de los espíritus del nuevo círculo luminoso, que es el franciscano san Buenaventura, nace el elogio de santo Domingo, en
      agradecimiento del de san Francisco, hecho por santo Tomas. San
      Buenaventura explica al poeta quiénes son las animas de su orden que gozan de la bienaventuranza en la mansión del sol.


      Al apagarse el postrimer acento
      de la bendita llama de aquel santo,
      la gran rueda se puso en movimiento;
      y no bien en contorno giró un tanto,
      por otra nueva rueda fué cercada,
      uniendo giro a giro y canto a canto.
      Canto que vence en voz tan acordada
      a la Musa y la voz de la sirena,
      cuanto la luz a imagen reflejada.
      Cual dos arcos en nube alta y serena
      paralelos se prestan sus colores,
      cuando a su mensajera Juno ordena, 12
      (naciendo de los rayos interiores,
      como ecos de la ninfa enamorada,
      que el amor consumió, cual sol vapores,) 13
      y que es presagio de promesa dada
      al buen Noé por la potencia eterna:
      ¡La tierra no será nunca inundada! 18
      Así la doble rosa sempiterna,
      giraba alrededor; como guirlanda,
      uniéndose la externa con la interna. 21
      Y cuando el canto de la doble banda,
      y que su danza circular radiante,
      con ley tan placentera como blanda, 2<
      se detuvo en su vuelo concertante,
      como dos ojos que el placer conmueva
      se abran y cierren en un mismo instante, 2T
      sopla una luz una lumbrera nueva,
      que como aguja a la polar estrella
      mi vista de su lado al punto lleva; so
      y me dijo: «El amor que me hace bella,
      del otro jefe a razonar me mueve,
      cuando del mío la gran luz destella. aa
      «Al uno y otro congloriarse debe:
      por una misma causa militaron,
      poniendo sus virtudes de relieve. a»
      «Las falanjes de Cristo que se armaron
      a tant a costa en pos de su bandera,
      lentas en combatir, se acobardaron; ss
      «cuando el Emperador que siempre impera,
      acudió en protección de su milicia,
      por gracia, no que así lo mereciera:
      «Dos campeones armados de justicia
      a su esposa le dio, para adquirirse
      la voluntad del pueblo más propicia.
      «Donde al soplo de Céfiro, a expandirse
      comienza en su estación la nueva fronda,
      de que mira a la Europa revestirse;
      «no lejcs donde el mar percute su onda,
      tras del cual, cuando el sol a Cáncer llega,
      alguna vez su luz al hombre esconda,
      «está la afortunada Caleruega,
      bajo la protección del gran escudo
      que león vencido y vencedor allega.
      «Allí nació el Apóstol, qué nervudo
      fué de la fe cristiana el santo atleta,
      manso al amigo, al enemigo crudo:
      «y de vivaz virtud fué tan repleta,
      su mente, en el momento de ser creado,
      que en el vientre, a su madre hizo profeta.
      «Con la fe por esposa, bautizado
      en la sagrada fuente, de su ciencia
      con recíproca gracia fué dotado.
      «La madrina que diera su aquiescencia,
      en sueños, vio los frutos admirables
      que dejaría como rica herencia.
      «Y a colmarle de dones incontables,
      un ángel fué a la tier bautizarlo.
      con el nombre de bienes inefables,
      «Domingo se llamó; y hay que nombrarlo
      como el cultivador del bien, que CRISTO
      en su viña eligió para ayudarlo; 72
      «que vióse que era familiar de CRISTO,
      pues su primer amor, de manifiesto
      en el consejo se inspiró de CRISTO. T5
      «En vela, mudo, de rodillas puesto,
      muchas veces hallólo su nodriza,
      cual si dijera: ¡Yo nací para esto! ,¡¡
      «¡ Félix! ¡ Tu hijo tu nombre simboliza!
      ¡ Oh feliz Madre, bien llamada Juana,
      nombre que de venturas es premisa! 8i
      «No para el mundo en estudiar se afana
      - al Ostiense y Tadeo: su conciencia
      nutre el maná con verdadera gana. 8 4
      «En poco tiempo, gran doctor en ciencia,
      se contrajo a la viña saludable,
      que se emblanca por causa de indolencia; &
      «se presentó a la sede venerable,
      antes benigna al pobre, hoy sin clemencia.
      Ella no: quien la ocupa miserable. oo
      «No dispensas pidió ni fraudulencia,
      ni provisión de la primer vacante;
      Non décimas quoz sunt, del pobre herencia: o.i
      «ir pidió contra el mundo claudicante,
      y del germen porque él ha combatido
      hay veinte y cuatro plantas por delante. s>«
      «De alta doctrina y voluntad nutrido,
      su apostolado se inició, corriendo
      cual torrente de lo alto desprendido, »»
      «Las espinas heréticas barriendo,
      y con ímpetus siempre poderosos,
      los mayores obstáculos venciendo.
      «De él brotaron arroyos abundosos
      .con que el huerto católico se riega,
      donde brotan arbustos vigorosos.
      «Si el poder de una rueda a tanto llega
      de la iglesia en la viga victoriosa,
      al defenderse en intestina brega,
      «ya podrás comprender, cuan poderosa
      es la virtud, antes de mí ensalzada
      por Tomás con palabra cariñosa.
      «Mas la huella por la órbita trazada
      de lo alto de la rueda, se ha borrado,
      y en maleza la planta fué trocada.
      «Su grey, de su camino se ha desviado,
      y en vez de proseguir fiel y derecha,
      vuelve el talón hacia el camino andado.
      «Muy pronto dará muestra la cosecha
      del mal cultivo, en la zizaña impura
      que del arca del grano se desecha.
      «Quien haga hoja por hoja la lectura
      de nuestro libro, encontrará, una carta
      donde se lea: Me conservo pura-
      «Mas no será en Cásale ni Aequasparta,
      porque allí se interpreta la Escritura,
      que uno la esquiva y otra la coarta.
      «En vida, me llamé Buenaventura
      de Bañoregio, que en piadoso estado,
      de siniestros afectos no hice cura..
      «Aquí están, Agustín e Iluminado,
      los primeros descalzos miserables
      que a Dios con el cordón se han propiciado,
      «de Hugo de San Victorio inseparables:
      y Pedro Mangiador; y Pedro Hispano,
      que dejó doce libros memorables.
      «Natán profeta; el metropolitano
      Crisóstomo, y Anselmo; y el Donado
      que en el arte, primero puso mano.
      «Kabán también está, y brilla al lado
      el abate Joaquín, el Calabreto,
      de espíritu profético dotado.
      «A ensalzar a un apóstol tan perfecto
      me mueve la inflamada cortesía
      de fray Tomás y su decir discreto,
      «que mueve a esta celeste compañía.»





      530


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      Mensaje por Maria Lua 24.02.24 16:21


      CANTO XIII


      [Canto XIII, nel quale san Tommaso d'Aquino, de l'ordine d'i
      frati predicatori solve una questione toccata di sopra da
      Salamone.]


      Imagini, chi bene intender cupe
      quel ch'i' or vidi — e ritegna l'image,
      mentre ch'io dico, come ferma rupe —,
      quindici stelle che 'n diverse plage
      lo ciel avvivan di tanto sereno
      che soperchia de l'aere ogne compage;
      imagini quel carro a cu' il seno
      basta del nostro cielo e notte e giorno,
      sì ch'al volger del temo non vien meno;
      imagini la bocca di quel corno
      che si comincia in punta de lo stelo
      a cui la prima rota va dintorno,
      aver fatto di sé due segni in cielo,
      qual fece la figliuola di Minoi
      allora che sentì di morte il gelo;
      e l'un ne l'altro aver li raggi suoi,
      e amendue girarsi per maniera
      che l'uno andasse al primo e l'altro al poi;
      e avrà quasi l'ombra de la vera
      costellazione e de la doppia danza
      che circulava il punto dov' io era:
      poi ch'è tanto di là da nostra usanza,
      quanto di là dal mover de la Chiana
      si move il ciel che tutti li altri avanza.
      Lì si cantò non Bacco, non Peana,
      ma tre persone in divina natura,
      e in una persona essa e l'umana.
      Compié 'l cantare e 'l volger sua misura;
      e attesersi a noi quei santi lumi,
      felicitando sé di cura in cura.
      Ruppe il silenzio ne' concordi numi
      poscia la luce in che mirabil vita
      del poverel di Dio narrata fumi,
      e disse: «Quando l'una paglia è trita,
      quando la sua semenza è già riposta,
      a batter l'altra dolce amor m'invita.
      Tu credi che nel petto onde la costa
      si trasse per formar la bella guancia
      il cui palato a tutto 'l mondo costa,
      e in quel che, forato da la lancia,
      e prima e poscia tanto sodisfece,
      che d'ogne colpa vince la bilancia,
      quantunque a la natura umana lece
      aver di lume, tutto fosse infuso
      da quel valor che l'uno e l'altro fece;
      e però miri a ciò ch'io dissi suso,
      quando narrai che non ebbe 'l secondo
      lo ben che ne la quinta luce è chiuso.
      Or apri li occhi a quel ch'io ti rispondo,
      e vedräi il tuo credere e 'l mio dire
      nel vero farsi come centro in tondo.
      Ciò che non more e ciò che può morire
      non è se non splendor di quella idea
      che partorisce, amando, il nostro Sire;
      ché quella viva luce che sì mea
      dal suo lucente, che non si disuna
      da lui né da l'amor ch'a lor s'intrea,
      per sua bontate il suo raggiare aduna,
      quasi specchiato, in nove sussistenze,
      etternalmente rimanendosi una.
      Quindi discende a l'ultime potenze
      giù d'atto in atto, tanto divenendo,
      che più non fa che brevi contingenze;
      e queste contingenze essere intendo
      le cose generate, che produce
      con seme e sanza seme il ciel movendo.
      La cera di costoro e chi la duce
      non sta d'un modo; e però sotto 'l segno
      idëale poi più e men traluce.
      Ond' elli avvien ch'un medesimo legno,
      secondo specie, meglio e peggio frutta;
      e voi nascete con diverso ingegno.
      Se fosse a punto la cera dedutta
      e fosse il cielo in sua virtù supprema,
      la luce del suggel parrebbe tutta;
      ma la natura la dà sempre scema,
      similemente operando a l'artista
      ch'a l'abito de l'arte ha man che trema.
      Però se 'l caldo amor la chiara vista
      de la prima virtù dispone e segna,
      tutta la perfezion quivi s'acquista.
      Così fu fatta già la terra degna
      di tutta l'animal perfezïone;
      così fu fatta la Vergine pregna;
      sì ch'io commendo tua oppinïone,
      che l'umana natura mai non fue
      né fia qual fu in quelle due persone.
      Or s'i' non procedesse avanti piùe,
      'Dunque, come costui fu sanza pare?'
      comincerebber le parole tue.
      Ma perché paia ben ciò che non pare,
      pensa chi era, e la cagion che 'l mosse,
      quando fu detto "Chiedi", a dimandare.
      Non ho parlato sì, che tu non posse
      ben veder ch'el fu re, che chiese senno
      acciò che re sufficïente fosse;
      non per sapere il numero in che enno
      li motor di qua sù, o se necesse
      con contingente mai necesse fenno;
      non si est dare primum motum esse,
      o se del mezzo cerchio far si puote
      trïangol sì ch'un retto non avesse.
      Onde, se ciò ch'io dissi e questo note,
      regal prudenza è quel vedere impari
      in che lo stral di mia intenzion percuote;
      e se al "surse" drizzi li occhi chiari,
      vedrai aver solamente respetto
      ai regi, che son molti, e ' buon son rari.
      Con questa distinzion prendi 'l mio detto;
      e così puote star con quel che credi
      del primo padre e del nostro Diletto.
      E questo ti sia sempre piombo a' piedi,
      per farti mover lento com' uom lasso
      e al sì e al no che tu non vedi:
      ché quelli è tra li stolti bene a basso,
      che sanza distinzione afferma e nega
      ne l'un così come ne l'altro passo;
      perch' elli 'ncontra che più volte piega
      l'oppinïon corrente in falsa parte,
      e poi l'affetto l'intelletto lega.
      Vie più che 'ndarno da riva si parte,
      perché non torna tal qual e' si move,
      chi pesca per lo vero e non ha l'arte.
      E di ciò sono al mondo aperte prove
      Parmenide, Melisso e Brisso e molti,
      li quali andaro e non sapëan dove;
      sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti
      che furon come spade a le Scritture
      in render torti li diritti volti.
      Non sien le genti, ancor, troppo sicure
      a giudicar, sì come quei che stima
      le biade in campo pria che sien mature;
      ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima
      lo prun mostrarsi rigido e feroce,
      poscia portar la rosa in su la cima;
      e legno vidi già dritto e veloce
      correr lo mar per tutto suo cammino,
      perire al fine a l'intrar de la foce.
      Non creda donna Berta e ser Martino,
      per vedere un furare, altro offerere,
      vederli dentro al consiglio divino;
      ché quel può surgere, e quel può cadere».






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      Mensaje por Maria Lua 27.02.24 17:04

      CANTO DECIMOTERCERO


      CUARTO CIELO O DEL SOL


      DOCTORES EN FILOSOFÍA Y TEOLOGÍA
      NUEVA DANZA Y CANTO ; EL SABER DE SALOMÓN ;
      DE ADÁN A CHISTO; LIGEREZA HUMANA AL JUiZGAR LAS
      COSAS AUN PROFUNDAS Y ESPECIALMENTE LA
      SUERTE ULTRAMUNDANA
      El poeta describe la doble danza de los espíritus bienaventurados de
      las dos guirnaldas luminosas, que compara con las veinticuatro
      estrellas mas brillantes del cielo. Santo Tomás desvanece otra
      duda de Dante, y le explica que al decir que Salomón no tendría
      segundo en sabiduría, taj proposición no comprendía ni a nuestro
      padre Adán ni a Jesucristo. Se explica, como la escritura enseña, que la naturaleza de Adán fué la sabiduría encarnada con todas
      las perfecciones, y la de Jesucristo creada, y perfectíslma en sí.
      Lo exhorta a no precipitarse en sus juicios dejándose llevar por
      vanas apariencias.



      Quien quiera comprender lo que he mirado,
      que retenga en su mente mis visiones,
      cual firme signo, en el peñón grabado: 3
      quince estrellas del cielo en las regiones
      que se imagine, de esplendor ameno,
      que en los aires difundan radiaciones; ,¡
      que imagine aquel Carro, a quien el seno
      basta de nuestro cielo noche y día,
      girando su timón, siempre sereno; 8
      que se imagine el Cuerno, por su vía,
      con su boca, en la punta de eje a vuelo,
      que del cielo primero es centro y guía, j¿
      formar de sí dos signos en el cielo,
      cual de la hija de Minos la corona
      cuando sintiera de la muerte el hielo; ,6
      y sus luces mezclar la doble zona
      en sus opuestos giros, de manera
      que el doble movimiento se escalona; 18
      y se tendrá una sombra bien somera
      de la constelación y doble danza,
      que circulaba en la celeste esfera; 21
      porque difiere de la humana usanza,
      cuanto la marcha lenta del Quiana
      del astro que en los cielos más avanza. 2<
      Allí cantóse, no canción profana,
      de tres personas divinal natura,
      y en una, la divina con la humana. 27
      Cumplió el canto y la danza su mesura,
      fijándose las santas luces de oro,
      felices en gozar de otra ventura. , so
      Rompió el silencio del divino coro
      la luz, que antes contó la santa vida
      de aquel pobre de Dios y su tesoro: 33
      «Cuando la paja se halla dividida
      de la simiente en el granero puesta,
      a nueva trilla caridad convida. 30
      «Crees que en el pecho, do salió la cuesta
      que a la primer mujer dio su semblanza,
      y cuyo paladar tanto nos cuesta; 09
      «Crees que en aquél, que traspasó la lanza,
      y que antes y después ha rescatado
      toda culpa, pesada en su balanza;
      «Que, cuanto a la natura humana es dado
      en luz intelectual, le fué infundido
      por la virtud que a entrambos ha formado;
      «Por eso debo haberte sorprendido
      cuando te dije, que el saber más hondo
      en la quinta lumbrera está escondido.
      «Fíjate bien, que a tu pensar respondo,
      y la verdad de lo que te he afirmado
      verás, como su centro en lo redondo.
      «Lo inmortal, o a morir predestinado,
      es sólo el esplendor de aquella idea
      que nuestro Dios, amando, nos ha dado:
      «la viva luz, que en esa luz flamea,
      sin que jamás del foco se desuna,
      en el amor que el trino y uno crea,
      «por su virtud su radiación aduna,
      espejada en sus nueve subsistencias,
      que eternamente permanece en una.
      «Cuando baja a las últimas potencias,
      gradualmente su acción disminuyendo,
      ya no son sino breves contingencias;
      «y que esas contigencias son, entiendo,
      las cosas generadas, que produce,
      con germen o sin él, cielos moviendo:
      «la forma a que su cera se reduce,
      no es igual, pero siempre en su diseño
      el ideal más o menos se trasluce.
      «Y así se ve brotar de un mismo leño,
      según su especie, mala o buena fruto,
      cual nace el genio con su vario empeño. 72
      «Si la cera que a punto se trasmuta,
      guarda del cielo la virtud suprema,
      la luz del sello en todo se computa. Tt
      «Mas la natura da siempre su esquema,
      a semejanza obrando del artista,
      hábil en su arte, cuya mano trema; 78
      «Pero el ardiente amor, de clara vista,
      si de prima virtud le estampa el signo,
      toda la perfección consigo aquista. »i
      «Así del barro, nació el hombre digno,
      dotado de animales perfecciones,
      y la Virgen parió bajo su signo. »t
      «Doy aquí la razón a tus razones:
      pues la humana natura no ha formado
      dos criaturas colmadas de más dones. 87
      «Sigo, que tu pensar he penetrado;
      aun me dirás, con labio vacilante:
      ¿Cómo fué Salomón sin par creado? oo
      «Disipará tu duda en el instante,
      pensar en la razón que le moviera,
      cuando se dijo Pide, al demandante. 03
      «Y si aun mi explicación oscura fuera,
      verás, que rey, pidió sabidudía,
      para ejercer su potestad entera: 00
      «no por saber la fuerza y la cuantía
      de motores del cielo, o si necesse
      es contingencia, y si necesse cría. s?
      «Y no, si est daré primum motum esse,
      o si en el semicírculo cabría
      un triángulo que recta no tuviese.
      «Esto anota y lo que antes te decía,
      y a la regia prudencia que comparo,
      que apuntaba, verás, la flecha mía.
      «Y si al Surse levantas ojo claro,
      a los reyes verás me he referido,
      que si son muchos, uno bueno es raro.
      «Con esta distinción fija el sentido,
      que a tu creencia dará su firme aplomo
      sobre el padre común y el Dios querido.
      «Y esto sirva a tus pies siempre de plomo
      para ir con lentitud, como hombre laso,
      entre el sí y entre el no, mirando el cómo.
      «Entre los mentecatos, el más baso,
      es quien afirma o sin criterio niega,
      lo mismo un caso, que el contrario caso;
      «Y de este modo la razón se plega,
      con el juicio vulgar a falsa parte,
      y el amor propio al intelecto ciega.
      «Y en vano alguno, de la orilla parte
      a pescar la verdad con que no acierta,
      pues vuelve peor, porque le falta el arte.
      «De esto al mundo le dan la prueba cierta,
      con Parménides, Briso con Melbiso,
      sin encontrar su rumbo en marcha incierta;
      «y Arrio y Sabelio, y todo aquel que quiso,
      necio la espalda dar a la Escritura,
      haciendo tuerto lo que recto se hizo.
      «Necia es la gente por demás segura
      en juzgar, como aquel que el trigo estima
      cuando la mies no se halla bien madura.
      «He visto a veces en helado clima,
      árbol sivestre en apariencia yerto,
      mostrar después las rosas en su cima;
      «Y he visto buque muy veloz y cierto,
      correr el mar por todo su camino,
      y naufragar al fin dentro del puerto.
      «No crean, doña Berta o seor Martino,
      si ven a uno robar y a otro ofrecerse,
      el fallo penetrar del juez divino;
      «Que uno puede salvarse, otro perderse.»



      536


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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      Mensaje por Maria Lua 02.03.24 9:06

      ***

      CANTO XIV



      [Canto XIV, nel quale Salamone solve alcuna cosa dubitata; e
      montasi ne la stella di Marte. La quinta parte comincia qui.]



      Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro
      movesi l'acqua in un ritondo vaso,
      secondo ch'è percosso fuori o dentro:
      ne la mia mente fé sùbito caso
      questo ch'io dico, sì come si tacque
      la glorïosa vita di Tommaso,
      per la similitudine che nacque
      del suo parlare e di quel di Beatrice,
      a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:
      «A costui fa mestieri, e nol vi dice
      né con la voce né pensando ancora,
      d'un altro vero andare a la radice.
      Diteli se la luce onde s'infiora
      vostra sustanza, rimarrà con voi
      etternalmente sì com' ell' è ora;
      e se rimane, dite come, poi
      che sarete visibili rifatti,
      esser porà ch'al veder non vi nòi».
      Come, da più letizia pinti e tratti,
      a la fïata quei che vanno a rota
      levan la voce e rallegrano li atti,
      così, a l'orazion pronta e divota,
      li santi cerchi mostrar nova gioia
      nel torneare e ne la mira nota.
      Qual si lamenta perché qui si moia
      per viver colà sù, non vide quive
      lo refrigerio de l'etterna ploia.
      Quell' uno e due e tre che sempre vive
      e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno,
      non circunscritto, e tutto circunscrive,
      tre volte era cantato da ciascuno
      di quelli spirti con tal melodia,
      ch'ad ogne merto saria giusto muno.
      E io udi' ne la luce più dia
      del minor cerchio una voce modesta,
      forse qual fu da l'angelo a Maria,
      risponder: «Quanto fia lunga la festa
      di paradiso, tanto il nostro amore
      si raggerà dintorno cotal vesta.
      La sua chiarezza séguita l'ardore;
      l'ardor la visïone, e quella è tanta,
      quant' ha di grazia sovra suo valore.
      Come la carne glorïosa e santa
      fia rivestita, la nostra persona
      più grata fia per esser tutta quanta;
      per che s'accrescerà ciò che ne dona
      di gratüito lume il sommo bene,
      lume ch'a lui veder ne condiziona;
      onde la visïon crescer convene,
      crescer l'ardor che di quella s'accende,
      crescer lo raggio che da esso vene.
      Ma sì come carbon che fiamma rende,
      e per vivo candor quella soverchia,
      sì che la sua parvenza si difende;
      così questo folgór che già ne cerchia
      fia vinto in apparenza da la carne
      che tutto dì la terra ricoperchia;
      né potrà tanta luce affaticarne:
      ché li organi del corpo saran forti
      a tutto ciò che potrà dilettarne».
      Tanto mi parver sùbiti e accorti
      e l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!»,
      che ben mostrar disio d'i corpi morti:
      forse non pur per lor, ma per le mamme,
      per li padri e per li altri che fuor cari
      anzi che fosser sempiterne fiamme.
      Ed ecco intorno, di chiarezza pari,
      nascere un lustro sopra quel che v'era,
      per guisa d'orizzonte che rischiari.
      E sì come al salir di prima sera
      comincian per lo ciel nove parvenze,
      sì che la vista pare e non par vera,
      parvemi lì novelle sussistenze
      cominciare a vedere, e fare un giro
      di fuor da l'altre due circunferenze.
      Oh vero sfavillar del Santo Spiro!
      come si fece sùbito e candente
      a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
      Ma Bëatrice sì bella e ridente
      mi si mostrò, che tra quelle vedute
      si vuol lasciar che non seguir la mente.
      Quindi ripreser li occhi miei virtute
      a rilevarsi; e vidimi translato
      sol con mia donna in più alta salute.
      Ben m'accors' io ch'io era più levato,
      per l'affocato riso de la stella,
      che mi parea più roggio che l'usato.
      Con tutto 'l core e con quella favella
      ch'è una in tutti, a Dio feci olocausto,
      qual conveniesi a la grazia novella.
      E non er' anco del mio petto essausto
      l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi
      esso litare stato accetto e fausto;
      ché con tanto lucore e tanto robbi
      m'apparvero splendor dentro a due raggi,
      ch'io dissi: «O Elïòs che sì li addobbi!».
      Come distinta da minori e maggi
      lumi biancheggia tra ' poli del mondo
      Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
      sì costellati facean nel profondo
      Marte quei raggi il venerabil segno
      che fan giunture di quadranti in tondo.
      Qui vince la memoria mia lo 'ngegno;
      ché quella croce lampeggiava Cristo,
      sì ch'io non so trovare essempro degno;
      ma chi prende sua croce e segue Cristo,
      ancor mi scuserà di quel ch'io lasso,
      vedendo in quell' albor balenar Cristo.
      Di corno in corno e tra la cima e 'l basso
      si movien lumi, scintillando forte
      nel congiugnersi insieme e nel trapasso:
      così si veggion qui diritte e torte,
      veloci e tarde, rinovando vista,
      le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,
      moversi per lo raggio onde si lista
      talvolta l'ombra che, per sua difesa,
      la gente con ingegno e arte acquista.
      E come giga e arpa, in tempra tesa
      di molte corde, fa dolce tintinno
      a tal da cui la nota non è intesa,
      così da' lumi che lì m'apparinno
      s'accogliea per la croce una melode
      che mi rapiva, sanza intender l'inno.
      Ben m'accors' io ch'elli era d'alte lode,
      però ch'a me venìa «Resurgi» e «Vinci»
      come a colui che non intende e ode.
      Ïo m'innamorava tanto quinci,
      che 'nfino a lì non fu alcuna cosa
      che mi legasse con sì dolci vinci.
      Forse la mia parola par troppo osa,
      posponendo il piacer de li occhi belli,
      ne' quai mirando mio disio ha posa;
      ma chi s'avvede che i vivi suggelli
      d'ogne bellezza più fanno più suso,
      e ch'io non m'era lì rivolto a quelli,
      escusar puommi di quel ch'io m'accuso
      per escusarmi, e vedermi dir vero:
      ché 'l piacer santo non è qui dischiuso,
      perché si fa, montando, più sincero.






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      Mensaje por Maria Lua 07.03.24 9:05

      CANTO DECIMOCUARTO


      CUARTO CIELO O DEL SOL


      DOCTORES EN FILOSOFÍA Y TEOLOGÍA
      EL ESPLENDOR DE LOS BEATOS DESPUÉS
      DE LA RESURRECCIÓN DE LOS CUERPOS ; TERCERA GUIRNALDA
      DE VIVIENTES LUCES; SUBIDA AL CIELO DE MARTE
      QUINTO CIELO O DE MARTE
      MÁRTIRE S DE LA RELIGIÓ N
      LA CRUZ DE MARTE; ARMONÍA DE LOS CANTOS ;
      ÉXTASIS DE DANTE
      Tercera corona de los bienaventurados. Beatriz les pide que revelen
      al poeta el misterio de la resurrección de la carne. Uno de los
      espíritus accede al pedido de Beatriz y le explica la gloria de que
      gozan. Sube el poeta al quinto cielo, que es el de Marte . Sobre
      dos rayos dispuestos en forma de cruz, vuelan en todo sentido,
      haciendo oir himnos melodiosos, las almas radiosas de los cruzados,
      que sufrieron el martirio por la fe de Cristo y por su iglesia.


      Del centro al borde, y desde el borde al centro,
      muévese el agua en el redondo vaso,
      según se impulse desde fuera o dentro. 3
      Así en la mente se produjo el caso,
      como lo digo, cuando ya no oyera
      al glorioso Tomás, en • este paso, e
      Por la similitud, que proviniera,
      de la voz de Beatriz y de aquel santo,
      a la que hablar después, así pluguiera: „
      «Este ha bien menester en su quebranto,
      si no lo dice, (pues ni piensa ahora),
      que raíz de otra verdad alcance en tanto. l2
      «Muéstrale si la luz, con que se enflora
      vuestra sustancia, en ella inextinguible,
      eternamente brillará cual ora; 1S
      «y como, al revestir forma visible,
      en el día final, resucitada,
      contemplar su fulgor será posible.» 18
      Cual a veces en danza concertada
      se anima la alegría bulliciosa,
      con cadencia y con voz más animada, 2)
      así al oir esta oración piadosa,
      la alegría en las almas se acreciera,
      girando al son de nota melodiosa. u
      Quien se lamenta, por que acá se muera,
      para vivir arriba, no concibe
      cómo la eterna lluvia refrigera. *J
      El Uno, el Dos y el Tres, que siempre vive,
      y reina siempre en Tres, en Dos y en Uno,
      no circunscrito, y todo circunscribe, so
      ensalzó por tres veces, cada uno
      de los seres, con tanta melodía,
      que a gran virtud, sería justo muño. 33
      Y escuché, que la luz de mayor día
      del círculo menor, con voz modesta,
      tal vez cual la del ángel de María, 3»
      responder: «Cuanto dure la gran fiesta
      del paraíso, en nuestro amor ardiente,
      tendremos esa luz por sobrevesta. 3»
      «Su claridad, nace de amor ferviente;
      su ardor de la visión; y aquélla es tanta,
      cuanta es la gracia que la gracia aumente.
      «Cuando otra carne más gloriosa y santa
      revista nueva vez nuestra persona,
      más grata y más completa en gloria tanta,
      «será, porque se acrece lo que dona
      el Sumo Bien, que en esta luz nos tiene,
      gratuita luz que al Bien se acondiciona;
      «pues que crecer a la visión conviene,
      y crecer el ardor que aquélla inflama,
      y en el ardor crecer que de ella viene;
      «más cual carbón que lanza viva llama,
      y que lo envuelve en viva incandescencia,
      y conserva su forma entre la flama,
      «así el fulgor que envuelve nuestra esencia,
      nuestra carne, hoy en tierra sepultada,
      mostrará en luminosa trasparencia.
      «Su intensa luz parecerá atenuada
      a los sentidos de la carne inciertos,
      y con su vista el alma deleitada.»
      Un Amen, en los célicos conciertos,
      me pareció escuchar, cual si anhelasen
      de nuevo revestir sus cuerpos muertos.
      Y tal vez, no por ellos suplicasen,
      sino por padre o madre, o prenda cara,
      antes que en llama eterna se abrigasen.
      Entonces vi, con kiz brillante y clara,
      un resplandor surgir de la primera,
      a guisa de horizonte que se aclara.
      Como del día en la hora postrimera,
      el cielo al presentar nueva apariencia,
      se duda de si es falsa o verdadera, 7,
      así me apareció la nueva esencia
      de otras almas, girando centelleante
      fuera a la doble gran circunferencia. T5
      ¡ Olí, de Espíritu Santo, luz radiante,
      en toda su verdad! ¡y cuan candente
      venciste mi pupila vacilante! 7a
      ¡ Más Beatriz siempre bella y sonriente
      se me mostró y esta visión querida,
      hoy no podría renovar la mente! 8i
      Aquí la vista f ueme restituida,
      y al levantarla, vime trasladado,
      sólo ella y yo, a esfera más subida. s*
      Bien percibí que estaba levantado,
      por el ardiente brillo de la estrella,
      de un rojizo color, no acostumbrado. M
      Con todo el corazón, y el habla bella,
      una en todos, a Dios hice holocausto,
      al contemplar la gracia que destella; uo
      y aun no en mi pecho el sacrificio exhausto,
      conocí la eficacia de mi ruego,
      que era acogido en su momento fausto: 93
      entre dos rayos rojos miré luego
      aparecer tan grandes resplandores,
      que yo exclamé: ¡Oh Helión, he aquí tu fuego! 96
      Ciial blancos astros magnos y menores
      tiende de un polo al otro centelleantes,
      Galacia, confundiendo a los doctores, M
      los dos rayos de Marte, rutilantes,
      forman constelación del sacro signo,
      que en el círculo trazan sus cuadrantes.
      Aquí mi genio y mi memoria inclino:
      en aquella gran cruz, flameaba CRISTO,
      y ante tan gran modelo, nada es digno.
      Mas quien carga su cruz, y sigue a CRISTO,
      disculpará que el numen se reprima
      al ver en su árbol, relumbrar a CRISTO.
      De un cuerno al otro y desde el pie a la cima,
      se mueven vivas luces, cintilando,
      al encontrarse y condensarse encima.
      Así, variadas formas renovando,
      en la tierra se ven cambiar de aspecto
      los átomos que en grupo van girando,
      en el rayo de luz, que cruza recto
      la sombra de la estancia clausurada,
      donde el hombre se entrega a sueño quieto.
      Y como jiga y arpa bien templada,
      con muchas cuerdas dan dulce sonido,
      bien que la nota siéntase apagada;
      dentro del luminar aparecido
      resonaba en la cruz tal melodía,
      que arrobaba, sin ser el himno oído.
      Que era en loor yo bien lo percibía,
      porque el Risurgi e vinci me llegaba,
      como al que oye y no entiende una armonía.
      Y todo, de tal modo' enamoraba,
      que en mi vida mortal, ninguna cosa
      más dulce ni atractiva recordaba.
      Mi palabra es tal vez desamorosa,
      si parezco olvidar los ojos bellos
      en que el deseo mío se reposa;
      mas si se piensa que esos vivos sellos,
      cuanto más subes dan más luz infusa,
      sin que volviera a contemplar aquellos,
      de lo que yo me acuso, tendré excusa,
      al procurar decir lo verdadero,
      pues el santo placer no se recusa,
      porque se hace, subiendo, más sincero.


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      "Ser como un verso volando
      o un ciego soñando
      y en ese vuelo y en ese sueño
      compartir contigo sol y luna,
      siendo guardián en tu cielo
      y tren de tus ilusiones."
      (Hánjel)





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